L’Organizzazione necessaria e gli strumenti di Equity

Il coronavirus ha fatto perdere terreno e competitività a molte PMI in carenza di “ossigeno”. I canali di finanziamento per la ripresa si possono trovare non solo nel mondo bancario con linee di credito agevolate o nell’emissione di obbligazioni, ma anche attraverso l’intervento nelle PMI di Fondi di Private Equity e l’avvicinamento ai Mercati di Capitale con la Quotazione in Borsa.

Su tale argomento un’indicazione sul modo di pensare del Presidente del Consiglio Mario Draghi possiamo provare a ricavarla dalle Considerazioni Finali di Banca d’Italia del 31 maggio 2007, quando il professor Draghi ne era il governatore. A pagina 15 della relazione all’Assemblea ordinaria dei partecipanti, sul tema il professore dichiarava testualmente: «Gli intermediari specializzati nel capitale di rischio possono agevolare la crescita delle piccole e medie imprese, contribuire al rafforzamento della struttura manageriale, favorire l’accesso ai mercati di Borsa, accompagnare il ricambio generazionale».

Inoltre, nelle sue Considerazioni finali il professore continuava: «La proprietà familiare è un asse portante del nostro capitalismo; l’identificazione dell’imprenditore con l’impresa è un motore di sviluppo. Proprio per questo sono essenziali gli strumenti che ne agevolino il ricambio, se necessario. Quando la proprietà familiare perde il gusto del rischio creativo, quando la ricchezza investita nell’azienda comincia a essere vista solo come fonte di rendite o di benefici privati del controllo, l’immobilismo proprietario può diventare un freno alla crescita dell’impresa, la avvia al declino. È allora che maggiore diviene per l’impresa il bisogno di questi intermediari; massimo il guadagno potenziale che tutti realizzerebbero con il cambio della guardia; massima, a volte, anche la resistenza dei proprietari».

In queste poche righe il professor Draghi sintetizza uno dei problemi fondamentali che frenano lo sviluppo economico del Paese, oggi come allora. La gestione spesso troppo “familistica” e non meritocratica del ricambio generazionale e la scarsa apertura del capitale a terzi condizionano spesso la crescita delle PMI.

I dati che arrivano dal 2020 mostrano però che fra i piccoli imprenditori del nostro paese diminuisce l’appeal verso la tradizionale banca commerciale, mentre salgono di popolarità i canali fintech e il ricorso al mercato dei capitali.

Secondo i dati diffusi da ItaliaFintech, nei primi nove mesi dell’anno le richieste di finanziamento alle piattaforme di lending sono aumentate di 4,5 volte rispetto al 2019. L’erogato alle PMI italiane è stato pari a 2,67 miliardi di euro (da luglio 2019 a giugno 2020). L’anno da poco concluso ha visto 23 nuove quotazioni sul mercato dedicato alla crescita delle PMI rispetto al record segnato nel 2019 (35 quotazioni). E nel 2021 sono previsti ulteriori record sulla spinta del bonus per l’Ipo nella forma di un credito d’imposta sul 50% delle spese di consulenza sostenute per la quotazione in Borsa e del credito d’imposta pari alle perdite, minusvalenze e differenziali negativi derivanti dai piani di risparmio a lungo termine costituiti dal 1° gennaio 2021 per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2021.

Il Recovery Plan, grazie alle ingenti risorse stanziate rappresenta probabilmente l’ultima grande opportunità che viene offerta al nostro Paese per poter impostare un percorso di rinnovata crescita e sviluppo, anche e soprattutto a vantaggio delle nuove generazioni, ma da solo può non bastare.

È necessario che vengano sfruttate al meglio e nell’interesse del Paese le competenze e le significative risorse, anche finanziarie, offerte dagli operatori attivi nel settore della finanza alternativa.

Tutte queste attività sia di quotazione in Borsa sia di acquisizione di capitale di rischio da parte di operatori professionali hanno come protagonista la categoria degli advisors come supporto agli imprenditori nel cammino verso i mercati ed è importante fare attenzione a chi svolge attività di consulenza. La gestione spesso non meritocratica delle aziende si vede anche nel mondo dell’advisory. Per sostenere il rilancio dell’Italia e delle sue PMI è fondamentale che chi si occupa dell’assistenza alle PMI che intendono aprirsi al mercato garantiscano competenza e specializzazione.

In conclusione, possiamo affermare che il motivo per cui l’economia italiana non è cresciuta negli ultimi 20 anni non è tanto l’assenza di investimenti quanto la mancanza di un terreno fertile affinché gli investimenti possano produrre effetti moltiplicatori positivi per lo sviluppo dell’intera economia. Pensare ora che un’accelerazione degli investimenti, anche per capitali ingenti, sia sufficiente a rilanciare la crescita e colmare il divario con gli altri paesi è una illusione.

Risulta fondamentale sfruttare la finanza alternativa poiché questi investitori non si limitano al solo apporto economico, ma il loro è anche un apporto di competenze manageriali e finanziarie, consulenza strategica, di marketing e operativa, che sono, insieme alla finanza, la vera “benzina” per lo sviluppo delle nostre PMI.

Strumenti contrattuali e gestione del rischio

Il Recovery Plan rappresenta un’ottima opportunità di crescita e sviluppo delle PMI, ma anche una sfida per la quale bisognerà farsi trovare preparati.

Questo perché, come è stato giustamente evidenziato sopra, chi vorrà avvalersi del finanziamento dovrà necessariamente predisporre idonei strumenti di management, di pianificazione e di controllo, fra cui anche gli strumenti contrattuali e le necessarie policy interne.

Sebbene allo stato non sono ancora chiari tutti i presupposti e le condizioni per beneficiare delle opportunità offerte dal Recovery Plan, è legittimo presupporre che tali misure comporteranno una diversa politica imprenditoriale e commerciale, a cui dovrà affiancarsi una idonea disciplina contrattuale e le necessarie policy interne per governare le relazioni con i soggetti esterni all’organizzazione (partner commerciali, fornitori, clienti) e con le risorse interne (dipendenti, collaboratori).

Un aspetto importante è per esempio quello relativo alla scelta dei partner di progetto. Come per la maggior parte dei progetti finanziati, sarà necessaria la collaborazione tra imprese e, quindi, la necessità di un maggiore e diverso coinvolgimento di partner già acquisiti o la ricerca di nuovi partner. In entrambi i casi sarà necessario definire le regole interne all’organizzazione per selezionare i partner (p.es. due diligence, regole per la qualifica dei fornitori) e la scelta di idonee forme contrattuali di partnership, con differenti modalità di coinvolgimento (es. contratto di rete, rete soggetto, ATI, consorzio, appalto).

Una conferma è l’attuale Superbonus 110%, per il quale è di fondamentale importanza curare non solo gli aspetti tecnici, ma anche contrattuali con tutti i soggetti coinvolti (imprese edili, soggetto asseveratore, ente finanziatore, ecc.).

In ogni caso, le partnership dovranno essere fondate su contratti e regole solide, certe e idonee ad affrontare le nuove sfide, per garantire la realizzazione dei progetti e rispettare le inevitabili scadenze e incombenze previste per usufruire appieno dei relativi benefici e non esporsi a rischi di inadempimento, con le conseguenti ricadute in termini di responsabilità e richieste di risarcimento danni o lunghi e dispendiosi contenziosi giudiziari.

Va poi considerato che lo sviluppo di progetti legati ad una maggiore o diversa produzione potrebbe comportare l’espansione verso nuovi mercati o canali commerciali, con il coinvolgimento di nuovi intermediari o fornitori (p.es. logistica, magazzino, agenti commerciali), anche qui con la necessità di prevedere idonee forme contrattuali, che dovranno tener conto dello specifico settore e servizio offerto dal fornitore.

Prendiamo per esempio lo sviluppo della digitalizzazione e in generale l’innovazione tecnologica, che rappresenta uno dei pilastri su cui si fonda il piano Next Generation UE.

Ebbene, tali importanti e utili innovazioni comportano il ricorso a nuove tipologie o modalità di produzione e quindi il coinvolgimento dei fornitori dei beni e servizi legati a tali nuovi strumenti (p.es. hosting o service provider servizi cloud, tecnici informatici, specialisti nella manutenzione delle macchine e dei dispositivi). Anche in questo caso è importante avvalersi di strumenti contrattuali che garantiscano la tutela della propria organizzazione e la resilienza dell’infrastruttura. Inoltre, la digitalizzazione comporta un maggior ricorso a infrastrutture e sistemi interconnessi anche via internet, che comporterà la necessità di misure tecniche e organizzative per far fronte alle implicazioni legate alla protezione sia dei dati personali e al rispetto del Regolamento UE 2016/679 (cd. GDPR), sia delle informazioni aziendali (metodi di produzione, brevetti, condizioni di vendita, ecc.), affinché ne sia tutelata la riservatezza, l’integrità e la disponibilità.

Stesso discorso, con le dovute specifiche, vale per i progetti legati alla transizione ecologica e all’innovazione previsti nel Green Deal europeo, che è un altro dei pilastri del piano Next Generation UE, dove l’impresa dovrà scegliere accuratamente i partner e i fornitori e adottare idonei strumenti contrattuali per governare al meglio tali relazioni commerciali e portare a termine, per esempio, la ristrutturazione o l’acquisizione del proprio parco immobiliare e delle infrastrutture o l’adozione di strumenti di mobilità e di logistica più green.

Infine, ultimo ma non meno importante, è l’aspetto legato alle relazioni con le risorse interne all’organizzazione, in quanto la diversa produzione legata allo sviluppo dei progetti di digitalizzazione e/o di transizione ecologica comporta una nuova e diversa modalità di organizzazione del personale interno, l’esigenza di nuovi orari e turni di lavoro, diverse mansioni, oltre a programmi formativi per l’acquisizione di nuove competenze e per la riconversione professionale. A tal proposito, l’organizzazione dovrà dotarsi delle necessarie policy interne e degli strumenti contrattuali, anche in condivisione con le organizzazioni sindacali e di categoria.

Pertanto, dovrà essere data la giusta attenzione anche agli strumenti contrattuali per beneficiare appieno dei vantaggi del Recovery Plan, ma anche per ridurre i rischi ed evitare che un’opportunità si trasformi in una minaccia.

Conclusione

In conclusione, quale che sia la struttura della PMI che non voglia farsi trovare impreparata di fronte alla grande opportunità di fondi strutturali per la ripresa come il Recovery Plan e voglia sfruttare gli strumenti che la finanza alternativa sta mettendo sempre più a disposizione, strumenti come BDS check e BDS Advance, e altri strumenti verticali come BDS Check Eco-Fin proposti da AICIM sono in grado di fornire un’analisi di supporto indipendente verso questi percorsi di crescita e di sviluppo organizzativo.

A cura del Tavolo Finanza e Controllo
Coordinatore del Tavolo: Andrea Spensieri
Contributi tecnici: Patrizia Arioli, Stefano Casoni, Marco Curti, William Di Cicco, Gianfranco Guerini Rocco, , Alessandro Pistagnesi, Michele Vanzi