L’Organizzazione necessaria al passaggio generazionale

Le piccole e medie imprese, definite come imprese attive con un giro d’affari inferiore a 50 milioni di euro, impiegano l’82% dei lavoratori in Italia e rappresentano il 92% delle imprese attive  (Fonte: studio Prometeia di luglio 2019). Sono questi i numeri che fanno delle PMI un tratto saliente dell’economia italiana, e la gran parte di esse sono a proprietà familiare.

Molte di esse sono nate nel boom degli anni 1950-60 perché un imprenditore ha avuto un’idea di prodotto, e ancora negli anni 90 era generalmente condivisa l’idea che “piccolo è bello”: in quegli anni nascevano i primi fondi di private equity, ma erano strumenti non accessibili alle PMI, che hanno usato per decenni solo il debito bancario come unico strumento di finanziamento esterno alla famiglia proprietaria.

La crisi finanziaria del 2008/2009 non ha aperto in modo significativo alle PMI  l’accesso alla finanza alternativa, ma ha  accelerato processi di  fusioni e acquisizioni di PMI da parte di gruppi industriali più grandi: le conseguenze sono state spesso positive per la continuità aziendale e il mantenimento dei posti di lavoro, ma quasi sempre il controllo dell’impresa è passato dalla famiglia dell’imprenditore fondatore al gruppo industriale acquirente.

Il dubbio che forse “piccolo non è più bello” ha cominciato a diffondersi negli anni post crisi 2008/2009.

Lo scenario attuale, post pandemia Covid, si presenta ancora di più con tratti di “selezione darwiniana” per molte PMI: saranno probabili molte altre fusioni e/o aggregazioni fra PMI (con qualche dubbio sulle reali prospettive di successo delle reti di imprese), e gli imprenditori più illuminati stanno già ragionando su valori e assetti organizzativi diversi dal passato, per trovare nuove vie di sviluppo per le loro imprese. In sintesi:

  • più apertura verso aggregazioni/fusioni con altre PMI, e anche verso acquisizioni da parte di gruppi industriali o investitori esterni. IL CONTROLLO DELL’IMPRESA NON DEVE ESSERE UN FRENO PER LA CRESCITA: meglio una quota di minoranza di un’impresa sana e  con prospettive di  continuità, magari inserita in un gruppo industriale più grande, piuttosto che una  quota  di maggioranza di un’ impresa indipendente, ma condannata al declino.
  • figli/fratelli/cugini/nipoti/altri membri della famiglia con responsabilità operative,  solo se competenti: la cultura del merito implica valutazioni professionali sui familiari, soprattutto giovani, e l’assegnazione di responsabilità in funzione di competenze e risultati. Talvolta essa può portare a scelte dolorose, come quella di non promuovere dei familiari a posizioni di rilievo.  C’è sempre di più la necessità di accordi (con valenza prevalentemente morale, spesso formalizzati in scritture prive di valenza contrattuale) che definiscano i requisiti richiesti ai membri della famiglia per ricoprire cariche esecutive nell’impresa, ad esempio:  un’esperienza di lavoro di qualche anno  in un’altra impresa, magari anche all’estero, prima di entrare in quella di famiglia;  l’ottima conoscenza almeno dell’inglese; laurea e/o Master possibilmente in discipline attinenti il mondo delle imprese; affiancamento a un manager, se c’è; affidamento di compiti misurabili in termini temporali ed economici.
  • più apertura verso manager esterni alla famiglia (anche temporary)
  • più apertura verso investitori esterni alla famiglia (che non siano le sole Banche tradizionali, con cui l’impresa lavora da anni)

I passaggi generazionali avranno quindi successo se fra padri e figli verranno condivisi i valori e gli assetti organizzativi necessari per uno sviluppo futuro in un contesto già altamente competitivo, reso ancora più difficile dalla pandemia, che si possono così sinteticamente elencare :

  • più CULTURA D’IMPRESA → occorre passare da un approccio consuntivo ad un approccio previsionale, attraverso più COMPETENZE MANAGERIALI e più STRUMENTI DIGITALI di programmazione e controllo:
    • budget Economico & Finanziario
    • previsione cash flow a 6/12 mesi
    • controllo andamenti, analisi scostamenti e report periodici
  • Ruolo della gestione separato dalla famiglia proprietaria → occorrono chiare REGOLE DI GOVERNANCE . L’applicazione da parte dei genitori  di logiche di uguaglianza porta a determinare nella famiglia situazioni di coesione del tutto illusorie. Se un imprenditore lascia ai 2 figli il 50% ciascuno dell’impresa, non crea coesione, ma fa sì che ogni figlio resti prigioniero dell’altro. Le logiche familiari non hanno nulla a che vedere con quelle aziendali. Per questo occorrono regole chiare: i ruoli di responsabilità non devono essere decisi in base a regole di parentela, ma di competenza  (concetti estratti da una intervista ad Alfredo Ambrosetti sul Sole 24Ore del 30/11/2002, ma  validissimi tuttora)
  • Non solo debito per la crescita → Oggi anche le PMI possono approcciarsi a investitori istituzionali e a strumenti di finanza alternativa (ad es. fondi di private equity, fondi di investimento misti pubblici/privati, emissione di minibond con garanzia Mediocredito dal 70 al 90% per stimolare l’aggregazione di investitori diversi)
  • Più propensione alla DELEGA da parte dell’imprenditore
  • NUOVA LEADERSHIP, da declinare in queste soft skills strategiche:
    • Flessibilità
    • Adattabilità al continuo cambiamento
    • Approccio costruttivo (FIDUCIA come valore aziendale: se c’è poca fiducia, l’impresa si muove lentamente e i costi salgono)
    • Inclusività (donne, giovani…..)
    • Comunicazione (intesa come capacità di ascoltare gli altri)

Il leader (imprenditore o manager che sia) dovrà puntare sempre più verso il binomio PROGETTO/BENESSERE e non più LAVORO/SALARIO per i lavoratori della propria impresa: questo sarà sempre più il rapporto che le imprese dovranno instaurare con le loro risorse umane.  In futuro, bisognerà coniugare gli obiettivi aziendali con quelli delle persone, non solo nelle organizzazioni piccole, ma anche in quelle grandi.

Le sfide che le PMI italiane hanno di fronte dopo la pandemia sono determinanti per il loro sviluppo futuro o per la loro estinzione: le ingenti risorse che verranno stanziate nel Recovery Plan saranno certamente una grande opportunità, ma come ha detto il Presidente Draghi nel suo discorso sulla fiducia al Senato il 17 febbraio scorso, “Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi…..La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create.”

La digitalizzazione come acceleratore dello sviluppo

Il taglio di barre di acciaio produce cilindri di lunghezza variabile, la perdita di una piccola quantità di materia, sotto forma di polvere metallica e, non di meno, porzioni cilindriche residuali. Se la Vostra attività è quella di commercializzare barre di acciaio, la gestione automatica e sistematica degli sfridi vi permetterà di valutare la convenienza di una commessa e magari rifiutare per tempo una “opportunità” che invece avrebbe causato un grave danno economico. Caso reale riferito da una piccola azienda del bolognese dopo un anno di adozione di una innovazione tecnologica secondo il modello “4.0”. “L’anno scorso avremmo accettato, perché anche se avessimo conservato i dati storici non avremmo avuto il tempo di recuperarli, analizzarli e proiettarne gli effetti sulla nuova potenziale commessa”.

Immaginiamo il potenziale di miglioramento su processi produttivi complessi rispetto ad un processo (apparentemente) elementare come quello del taglio barre.

Per inciso, gli effetti economici e finanziari dell’errore si sarebbero manifestati solo alla chiusura della commessa, ammesso che all’epoca fosse effettuata una gestione puntuale di commessa. Ecco un secondo punto debole di molte aziende: un sistema di gestione dei flussi informativi che, come riportava un collega di AICIM in un recente webinar del tavolo di lavoro ICT, permette una guida dell’azienda come se in un’auto utilizzassimo solamente lo specchietto retrovisore e (neppure sempre) i vetri laterali!

E’ peraltro comprensibile come, alle prese con tematiche come le precedenti, sia ancora estremamente  limitato l’accesso delle PMI alle cosiddette tecnologie abilitanti come Realtà Virtuale, Realtà Aumentata, Intelligenza Artificiale, Cyber Security, ecc.

Margini di miglioramento veramente importanti, dunque.

Adeguati strumenti digitali nella produzione, nella gestione aziendale ordinaria e strategica, nella comunicazione sono la risposta necessaria – e l’opportunità storica – per le PMI e per l’intero sistema Italia, in declino da 2 decenni e davanti ad un bivio a seguito della pandemia. Così come l’accesso a competenze indispensabili a realizzare un coerente sviluppo della organizzazione.

Ebbene, questi strumenti e queste competenze esistono, sono in continuo sviluppo ed oggi sono accessibili anche alle aziende di piccole dimensioni. Una corretta digitalizzazione ridisegna i flussi informativi, rimuovendone le incongruenze, i blocchi e le viscosità causa di tanta dispersione di risorse. Quanti costi sostenuti da un’azienda sono effettivamente riconosciuti e remunerati dal mercato? Alcuni studi indicherebbero un 30%.

Guardando a ritroso, la digitalizzazione è, sì, un acceleratore dello sviluppo, ma essenzialmente come antidoto contro inefficienze e costi insostenibili che ormai non hanno più motivo di permanere. Alternative: provvediamo noi presso le nostre aziende oppure provvederà il mercato secondo dinamiche darwiniane.

Di più: una corretta digitalizzazione, a partire dalla gestione ordinaria, pone le basi per uno sviluppo strategico che superi gli attuali limiti delle PMI, specificamente in relazione all’aggregazione, alla internazionalizzazione ed al ricorso alla finanza.

Solo a titolo di esempio, riportando da casi reali in relazione all’aggregazione in rete d’impresa:

  • gestione dei rapporti tra i settori commerciali di diverse imprese in rete operanti sulle medesime aree geografiche nel mondo
  • gestione della comunicazione verso l’esterno e verso l’interno
  • gestione economica delle attività di promozione e sviluppo della rete
  • sinergie tecnologiche sui processi produttivi
  • integrazioni tecnologiche attraverso la interconnessione tra macchinari di produttori diversi (modello Industria 4.0)

Concretamente per una PMI? Si tratta di comprendere la propria adeguatezza rispetto a modelli “resilienti” e tracciare la propria pianificazione strategica, con gli ingredienti per una realizzazione di successo. AICIM ha creato e sta creando nuovi strumenti e competenze per dare supporto in tal senso.

Nella III e ultima parte vedremo gli strumenti contrattuali per la crescita negli ambiti analizzati. Continuate a seguirci.

A cura del Tavolo Finanza e Controllo

Coordinatore del Tavolo: Andrea Spensieri
Contributi tecnici: Federico Truscelli, Marco Curti, Alessandro Pistagnesi, Lucia Romagnoli, Michele Vanzi, William Di Cicco