Il rilevamento del mancato o limitato o errato investimento nelle persone (così dette: Risorse Umane o Human Resources) da parte di molti imprenditori e manager delle PMI industriali soprattutto B2B (qui intesa come piccola e quindi tendenzialmente con un fatturato di 10-15 milioni max) è un’esperienza diffusa tra i consulenti di direzione. L’articolazione del problema può essere trovata nella seguente fraseologia con cui si devono confrontare detti consulenti:

a. Cultura imprenditoriale e manageriale

  • Alla fine, tocca fare tutto a me (l’imprenditore)
  • Abbiamo bisogno di pratica e non di teoria
  • Ci sarebbero tante cose da fare ma non c’è il tempo, i soldi…
  • Occorrerebbero giornate di 25 ore

b. Gestione del personale

  • Ci pensa il Responsabile Amministrativo
  • Non abbiamo l’organigramma perché siamo in 4-gatti
  • L’imprenditore è il responsabile di almeno 2/3 delle funzioni di prima linea
  • Non ci possiamo permettere dei manager

c. Combinazione prodotto-mercato

  • Noi siamo un’azienda particolare
  • Il nostro è un settore/mercato particolare
  • Il nostro è un prodotto particolare

d. Formazione (soprattutto su temi manageriali e soft skill)

  • Non investiamo in formazione perché il dipendente poi trova alternative di lavoro più facilmente
  • Facciamo formazione quando c’è la possibilità di finanziarla con fondi pubblici
  • Non c’è tempo
  • Un errore comune

e. Consulenza su temi dell’organizzazione e gestione delle risorse umane

  • È spesso teorica
  • I consulenti non conoscono la nostra azienda come la conosciamo noi
  • Ci pensa l’imprenditore o il capo funzione on the job
  • Siamo una piccola azienda che non ha di questi problemi

L’imprenditore di cui sopra è generalmente pronto a investire in “oggettività”, ovvero a investire in risorse il cui ritorno è certo e calcolabile: macchina utensile, software produttivo o gestionale, sistema della sicurezza e/o della qualità, formazione on the job ecc. mentre sembra uno scoglio insormontabile l’investimento in “soggettività”: marketing, strategia, personale ecc. La ragione fondamentale di tutto ciò è la stessa ragione per la quale tendenzialmente le PMI italiane non crescono oltre certi limiti dimensionali, ovvero: la debolezza della cultura di business. Una prova concreta e immediata:

– la scrivania dell’imprenditore di PMI è piena di carte (e spesso di oggetti!) perché PENSA E FA: fa il capo officina, fa il responsabile vendite, fa gli acquisti ecc. e fa poco l’imprenditore; quindi, si allena poco a fare l’imprenditore, quindi non impara molto di imprenditoria, quindi non diventa un bravo imprenditore, quindi non cresce!
– la scrivania dell’imprenditore di media impresa è spesso semi-vuota perché PENSA E GESTISCE: gestisce una organizzazione e delle persone interne e/o esterne che fanno mentre lui si occupa soprattutto di tutto ciò che è strategico, cioè del futuro della sua impresa!
– la scrivania dell’imprenditore di grande impresa è proprio vuota! Perché PENSA E CONTROLLA … ma “questo è un altro film”!

Più che per dimensione, pare essere il livello di profittabilità dell’azienda l’elemento che fa sì che si ponga poca o grande attenzione alla ricerca e gestione delle risorse umane.

Ma è arrivato prima il profitto o prima la gestione delle risorse umane? Pur in mancanza di dati statistici, l’esperienza consulenziale direbbe che è arrivata prima la gestione delle risorse umane, spesso come de-facto più che come strategia pensata e implementata.

E perché è arrivata prima la gestione delle risorse umane? Perché l’imprenditore di successo da una parte ha fretta di risultati e dall’altra non riesce a ottenerli da solo, quindi sente il bisogno di collaboratori che lo capiscano rapidamente e implementino il tutto correttamente, ovvero siano competenti, attendibili e appassionati… e non ha remore nel pagarli adeguatamente perché, in ogni caso, sa che guadagnerà proporzionalmente di più, ciò che gli permetterà maggiori investimenti futuri e quindi migliori ritorni ecc.

Alla luce di tutto quanto sopra, come può un Consulente di Direzione far capire all’imprenditore e/o manager della “PMI di bassa profittabilità” che è necessario INVESTIRE NELLE RISORSE UMANE?

Analizzando la fraseologia di cui sopra meglio comprenderemo l’imprenditore e/o manager della “PMI di bassa profittabilità” e conseguentemente meglio sapremo “interrelarci” senza pretendere di poterli convincere tutti, anche perché le caratteristiche e i credo degli imprenditori di PMI sono numerosissimi e frammentati. Starà al Consulente di Direzione individuare i temi più importanti e le parole e/o gli atti più efficaci per il raggiungimento dell’obiettivo.

1. La cultura imprenditoriale e manageriale

 

a. Alla fine, tocca fare tutto a me (l’imprenditore)

Qui ci sono due elementi. Il primo è la mancanza di fiducia nei collaboratori perché questi sono e si pongono al servizio di un’idea che non è loro e quindi non possono sapere o capire il tutto. Il secondo è la non competenza organizzativa che ha a che vedere con una cultura di business non a 360°.

b. Abbiamo bisogno di pratica e non di teoria

Questo è un pensiero comune nel nostro paese dimenticando che la pratica senza teoria si chiama “praticoneria”. L’imprenditore dimentica che lui stesso sta operando de facto sulla base di una “idea imprenditoriale” cioè di una teoria, altrimenti non saprebbe perché e come operare.

c. Ci sarebbero tante cose da fare ma non c’è il tempo, i soldi

Questo è terribile e colpevole. Se e quando è vero che l’imprenditore ha idee che non porta avanti per mancanza di risorse si è davanti a tutta la debolezza dell’imprenditore perdente: mancanza di fiducia, competenza, coraggio, passione … È il mestiere dell’imprenditore avere e sviluppare, o cercare di sviluppare, idee.

 

d. Occorrerebbero giornate di 25 ore

Se è con le 25 ore di lavoro dell’imprenditore che l’azienda fa reddito, ciò pone alcuni temi: la speranza che non gli capiti mai alcun incidente, la povertà della sua vita e il bassissimo valore dell’azienda in quanto estremamente legata alle prestazioni di una persona.

2. La gestione del personale

 

a. Ci pensa il Responsabile Amministrativo

È evidente l’approccio meramente contabile al tema delle risorse umane e, proprio perché si tratta di risorse umane e non altro, ne è evidente l’errore di principio. È una modalità messa in atto non solo delle PMI. La funzione risorse umane è spesso strettamente legata agli aspetti amministrativi (anche nelle grandi aziende): contratti, premi, licenziamenti… è raro trovare in tale funzione chi abbia competenze specifiche negli aspetti di individuazione delle risorse (umane), scelta, formazione e valorizzazione.

b. Non abbiamo l’organigramma perché siamo in 4-gatti

Conseguentemente (forse con l’eccezione della contabilità) tutte le funzioni sono mescolate e/o occupate da più persone, ciò che comporta sovrapposizioni, inefficienza e costruzione di una curva d’esperienza funzionale molto bassa.

c. L’imprenditore è il responsabile di almeno 2/3 delle funzioni di prima linea

Il che vuol dire che fa l’imprenditore “per caso” (scimmiottando il titolo di una nota trasmissione televisiva). È un evidente errore di principio, a meno che ci sia un piano/programma per aumentare l’attività imprenditoriale (visita e ricerca di clienti strategici, attività di pubbliche relazioni, ricerca e studio di efficienze, analisi economico-finanziarie).

d. Non ci possiamo permettere dei manager

Che un piccolo imprenditore non si possa permettere frotte di manager e/o consulenti di direzione, e in verità non ne abbia bisogno, siamo tutti d’accordo. Che l’affermazione sia un falso ideologico lo dimostra il fatto che i soldi per le “macchine” si trovano sempre. Spesso il problema è dato dal fatto che l’imprenditore non sa di avere un problema strategico.

3. La combinazione prodotto-mercato

a. Noi siamo un’azienda particolare
b. Il nostro è un settore/mercato particolare
c. Il nostro è un prodotto particolare

È evidente che ogni combinazione azienda/mercato è particolare, in particolar modo nel nostro paese. Ciò non toglie che il business è business. Sono pertanto dichiarazioni che:

(i) nascondono una mancanza di cultura di business
(ii) difendono l’esistente a prescindere
(iii) difendono l’imprenditore da know how da lui non gestibili.

f. La formazione (soprattutto su temi manageriali e soft skill)

a. Non investiamo in formazione perché il dipendente poi trova alternative di lavoro più facilmente.

Il che vuole dire che si sa e si accetta che i collaboratori non abbiano un bagaglio completo di competenze! No comment

b. Facciamo formazione quando c’è la possibilità di finanziarla con fondi pubblici

Nelle PMI il finanziamento di progetti è senza dubbio un momento importante viste le generalmente limitate disponibilità finanziarie. Ma ciò non toglie che la dichiarazione in oggetto è di per sé stessa un errore.

c. Non c’è il tempo

Quando sistematicamente “non c’è tempo” o si è in presenza di inefficienza personale e/o organizzativa o si è sotto strutturati e quindi tendenzialmente e relativamente inefficaci.

d. Un errore comune

È da sottolineare uno degli errori più comuni nella valutazione di hard/soft skill: negli altri tendiamo a sopravvalutarle se non ne siamo in possesso e a sottovalutarle se le possediamo in maniera forte. Per questo è importante un ‘aiuto esterno’ non direttamente coinvolto nelle attività dell’azienda. E il consulente può quindi contribuire (direttamente o indirettamente) alla crescita della persona (anche manageriale, se necessario).

4. La consulenza sui temi dell’organizzazione e gestione delle risorse umane

a. È spesso teorica

La consulenza è spesso (solo) teorica, in quanto chi se ne occupa non ha esperienze pratiche ma soprattutto perché si è preparati ad affrontare contesti standard, preconfezionati e di solito rivolti alle grandi aziende (difficile sarebbe, d’altro canto, prepararsi a tutti le tipologie di PMI italiane).

b. I consulenti non conoscono la nostra azienda come la conosciamo noi

Il consulente deve imparare ‘ad ascoltare’, non solo le esigenze rappresentate ma anche come si concretizzano – nella specifica realtà – attività e relazioni, fornendo l‘aiuto (esterno) per realizzare un metodo applicativo teso all’individuazione di soluzioni efficaci.

c. Ci pensa l’imprenditore o il capo funzione on the job

La responsabilità della gestione organizzativa (e delle persone) rimane dell’azienda, senza alcun dubbio, ma strumenti utili a migliorare la vita di tutti (compresi gli imprenditori) possono essere acquisiti facilmente e aggiornati/monitorati nel tempo, per il bene comune.

d. Siamo una piccola azienda che non ha di questi problemi

Più l’azienda è piccola maggiori sono le attività svolte integrando diverse funzioni aziendali (seppur limitate singolarmente), e pertanto risulta necessario non solo individuare le ‘hard skill’ assolutamente necessarie ma anche le ‘soft skill’ che ne permettano l’espressione completa nelle diverse situazioni in cui la persona dovrà operare (trasversalmente).

CONCLUSIONI

Occuparsi di Risorse Umane (e non solo di macchine, magazzini, materiali…) comporta un onere Intellettivo, Gestionale, Relazionale, Innovativo ed Emozionale (aree delle cosiddette soft skill) che merita di essere affidato a consulenti preparati ad ascoltare, innanzitutto, e a fornire un ‘aiuto esterno’ realmente utile ai singoli individui e all’azienda. E non esiste una soluzione per tutti (vista la varietà di tipologie delle PMI in Italia) ma per ogni situazione è necessaria una valutazione metodologica rigorosa e concreta, basata su teorie (se ancora valide) ma soprattutto su applicazioni pratiche sperimentate o da sperimentare, raccogliendo i risultati del lavoro svolto ‘insieme’ dalle persone e non da un unico artefice del bene e del male, sempre più isolato nel mondo che cambia rapidamente. Il possesso di tale consapevolezza è il primo passo per ottenere risultati che dal punto di vista umano possono creare valore, esercitato e non solo raccontato.

Autori: Marco Curti, Domenico Roma