Come adeguare gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili

A cura di Guido Alberto Micci

Come segnalato nella premessa, il D.Lgs. 14/2019, “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” all’art. 375 ha introdotto una modifica al Codice civile, prevedendo l’aggiunta del comma 2 all’art. 2086 c.c. che dispone, a partire dal 16 marzo 2019 e con validità per tutte le società, quanto segue:

“L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Il nuovo istituto degli “adeguati assetti” organizzativi, amministrativi e contabili costituisce un obbligo che comporta, per tutte le società, a partire dal 16.03.2019, a prescindere dalla loro natura o dimensione, di dotarsi di strumenti necessari al fine di anticipare situazioni di crisi o d’insolvenza e di preservare e garantire la continuità aziendale. Gli assetti possono ritenersi “adeguati alla natura e alla dimensione dell’impresa”, quando, in base a un giudizio ex ante e rispettoso dei margini di imprevedibilità dei fenomeni economico-finanziari, sono idonei ad assicurare l’operatività delle funzioni aziendali.

L’obbligo normativo, in molte realtà dimensionali medie e grandi non ha comportato di fatto nessuno stravolgimento, e spesso neppure una modificazione rilevante nel sistema azienda, in quanto procedure, organigrammi, sistemi di monitoraggio delle performances aziendali erano già diffusamente presenti; tuttavia, ha creato e sta creando non pochi dubbi e problemi nella più piccola dimensione.

Ma cosa devono fare, in concreto, gli amministratori delle società per adottare gli “adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili”?

Ad oggi manca sia una definizione giuridica di “assetti organizzativi, amministrativi e contabili”, che una precisa indicazione di quando possano considerarsi “adeguati”. Nonostante ciò, per una loro verifica sotto il profilo operativo, possiamo fare riferimento alla scienza aziendalistica ed alla pratica professionale. Di particolare rilevanza, a tal fine, sono le indicazioni contenute nei documenti di studio pubblicati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti CNDCEC e dai principi di revisione ISA 570.

Per quanto concerne il CNDCEC segnaliamo i seguenti documenti:

  • Informativa e valutazione nella crisi d’impresa, ottobre 2015
  • Le norme di comportamento del Collegio sindacale delle società non quotate
  • Quaderno 71 dell’ODCEC di Milano, aprile 2017
  • Checklist operativa della Fondazione Nazionale dei Commercialisti sugli Adeguati Assetti organizzativi, amministrativi e contabili pubblicata il 25 luglio 2023

In particolare, nel documento “Norme di comportamento del collegio sindacale”, si rinvengono le seguenti definizioni:

  • Assetto organizzativo: “il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato ad un appropriato livello di competenza e responsabilità”
  • Assetto amministrativo: “l’insieme delle procedure dirette a garantire l’ordinato svolgimento delle attività aziendali e delle singole fasi nelle quali le stesse si articolano”
  • Assetto contabile: “il sistema di rilevazione (contabile) dei fatti di gestione”
  1. Assetto Organizzativo

Per adeguato assetto organizzativo può intendersi “una struttura organizzativa compatibile alle dimensioni e alla complessità della società, alla natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, nonché alle altre caratteristiche della società” (CNDCEC, Febbraio 2018). Pertanto, è necessario porre in essere una serie di direttive e procedure che garantiscano una definizione chiara e precisa dei ruoli e delle responsabilità interne all’azienda al fine di garantire che “il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato ad un appropriato livello di competenza e responsabilità” (CNDCEC, Febbraio 2018).

Un assetto organizzativo si definisce “adeguato” quando presenta le seguenti caratteristiche:

  • è basato sulla separazione e contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni;
  • chiara definizione delle deleghe e dei poteri di ciascuna funzione;
  • capacità di garantire lo svolgimento delle funzioni aziendali.

Il riconoscimento di responsabilità nei compiti e nelle funzioni trova la sua definizione nell’organigramma aziendale che ha il compito di fotografare la struttura aziendale non attraverso uno schema rigido e predefinito ma attraverso uno schema che tenga conto della singola realtà aziendale con le sue caratteristiche e peculiarità.

Nel predisporre gli adeguati assetti organizzativi, l’organo amministrativo deve definire:

  • i processi aziendali, che si concretizzano nell’insieme delle attività poste in essere per il raggiungimento di uno specifico risultato;
  • le procedure da seguire per svolgere determinate attività;
  • la sequenza delle attività stesse e le decisioni poste in essere sulla base delle prime e gli eventi da cui traggono fonte le decisioni;
  • l’esistenza di direttive e procedure che autorizzino il compimento delle operazioni;
  • i compiti aziendali e le responsabilità oggetto di controllo.

All’interno di una PMI, dato che, nella maggioranza dei casi, la sua struttura organizzativa è più semplice, possiamo assistere ad una minore formalizzazione degli assetti organizzativi sopra descritti, come peraltro stabilito dallo stesso art. 2086 c.c.: “adeguati alla natura e alla dimensione dell’impresa”.

Al fine di perseguire gli obiettivi sopra indicati l’impresa deve definire:

  • Assetto organizzativo formalizzato con definizione di poteri, deleghe, flussi informativi, procedure operative;
  • Sistema di Information Technology adeguato con riguardo all’apparato hardware, ai software installati ed alla rete di connessioni tra i server aziendali e i vari client;
  • Sistema di controllo interno per l’identificazione, il monitoraggio e la gestione dei rischi;
  • Processi definiti di condivisione dei flussi informativi tra gli amministratori e gli organi di controllo.
  1. a) Assetto organizzativo formalizzato con definizione di poteri, deleghe, flussi informativi, procedure operative

L’organo di controllo ha l’obbligo di verificare sia l’esistenza di un organigramma aziendale formalizzato, sia la corrispondenza di quanto rappresentato graficamente all’effettiva struttura organizzativaattraverso delle interviste alla Direzione ed ai soggetti responsabili delle varie unità organizzative. L’organo di controllo, inoltre, dovrà verificare se nell’organigramma sono chiaramente esplicitate le linee funzionali che collegano le unità operative ai vari livelli gerarchici attraverso una mappatura completa della struttura organizzativa. Nelle PMI l’organigramma aziendale potrebbe non essere stato formalizzato ed in questo caso, il controller o ne deve sollecitare la formalizzazione oppure dovrà acquisire le informazioni necessarie attraverso interviste dirette con la Direzione e/o i Responsabili delle varie funzioni aziendali.

Affinché si possa ritenere adeguato un assetto organizzativo è necessario che l’operatività aziendale sia organizzata sulla base dei “processi” e che questi ultimi siano a loro volta declinati e disciplinati in apposite “procedure” descriventi le regole da seguire per il loro corretto svolgimento. Tali procedure devono essere riportate in manuali interni aziendali nei quali sono riportate anche le procedure per l’autorizzazione e l’approvazione delle operazioni. L’organo di controllo dovrà inoltre verificare la presenza nei mansionari aziendali (che riportano la descrizione analitica delle responsabilità e dei doveri principali relativi ad un particolare lavoro o ad un profilo professionale) delle responsabilità oggetto di controllo. L’organo di controllo, pertanto, deve verificare la corretta registrazione delle informazioni aziendali all’interno del sistema informativo.

  1. b) Sistema di Information Technology adeguato con riguardo all’apparato hardware, ai software installati ed alla rete di connessioni tra i server aziendali e i vari client

Una componente molto importante per definire l’adeguatezza dell’organizzazione aziendale è rappresentata dal sistema aziendale di Information Technology con riguardo sia all’apparato hardware, sia ai software installati, sia alla rete di connessioni tra i server aziendali e i vari client.

Da alcuni anni, infatti, la gestione del rischio informatico sta divenendo sempre più centrale nella vita delle aziende, in particolar modo per garantire le corrette modalità di conservazione dei dati. Anche in virtù dei nuovi stringenti obblighi imposti dal nuovo Codice della Privacy, la massima attenzione va rivolta alla riservatezza dei dati, attraverso sistemi che proteggano le informazioni sensibili da accessi impropri o non autorizzati, sia nella fase di trasmissione che nella fase di memorizzazione. A questo si aggiunge la valutazione della capacità dell’azienda di reagire ad eventuali malfunzionamenti informatici o a veri e propri attacchi hacker, che stanno diventando sempre più sofisticati, garantendo sempre la continuità dei processi di core business anche a seguito di tali eventi e soprattutto nel periodo necessario in cui si intraprendono azioni correttive per restituire il normale funzionamento. Per tale motivo, risulta fondamentale dotarsi di un set di procedure che possano permettere di evitare e superare tali problematiche informatiche.

Il sistema IT è costituito, in particolare, da:

  • verifica delle componenti IT dell’azienda;
  • la rete informatica aziendale e gli access points;
  • le risorse hardware utilizzate sia a livello di server che a livello di client;
  • i software e le varie applicazioni utilizzate;
  • le figure professionali che operano all’interno della funzione IT;
  • la periodicità e il contenuto dell’aggiornamento tecnologico dei sistemi informatici;
  • le procedure di disaster recovery;
  • i processi e i modelli operativi della funzione IT;
  • misure operative adottate contro le intrusioni informatiche.

Il sistema IT, in particolare nelle PMI, risulta essere gestito da risorse esterne e non è presente la figura del responsabile della funzione IT all’interno dell’organigramma aziendale. In tal caso, al fine di poter comunque esprimere un giudizio sull’adeguatezza dell’infrastruttura IT dell’azienda, l’organo di controllo potrà valutare l’ipotesi di richiedere l’assistenza di un tecnico terzo indipendente, esperto in materia informatica. Negli ultimi anni, hanno assunto una notevole importanza le misure volte ad evitare o rendere inefficaci eventuali attacchi informatici. Sono nate aziende specializzate che simulano intrusioni per valutare il grado di sicurezza dei sistemi. Purtroppo, molte volte non si dà la giusta importanza a tale problematica pensando che vengano attaccate solo le aziende più grandi che operano nei settori finanziari mentre gli esempi degli ultimi anni mostrano come aumentano sempre più le intrusioni in aziende anche di piccole dimensioni appartenenti a tutti i settori merceologici. Se non si dispone di una procedura di disaster recovery efficace, tali attacchi possono pregiudicare l’operatività dell’azienda anche per periodi lunghi, oltre all’elevato danno d’immagine e alle sanzioni ai fini della legislazione sulla privacy.

  1. c) Sistema di controllo interno per l’identificazione, il monitoraggio e la gestione dei rischi

L’azienda deve concepire e mettere in atto un insieme di regole e procedure organizzative volte a consentire l’identificazione, la misurazione, la gestione ed il monitoraggio dei principali rischi per l’attività d’impresa. L’azienda deve, quindi, disporre di un Sistema di controllo interno e di gestione dei rischi, ossia un insieme di mezzi (persone, procedure e risorse) che hanno come fine il monitoraggio delle attività aziendali, sia preventivamente che a consuntivo. Tutto questo trova il suo fisiologico obiettivo nella mitigazione dei rischi che possono ostacolare il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Un Sistema di controllo interno e di gestione dei rischi contribuisce, dunque, a condurre l’impresa coerentemente con gli obiettivi aziendali favorendo l’assunzione di decisioni consapevoli.

Esso deve, pertanto, monitorare:

  • la salvaguardia del patrimonio sociale;
  • l’efficacia e l’efficienza delle attività operative;
  • l’affidabilità delle informazioni e del reporting economico, patrimoniale e finanziario;
  • la conformità a leggi e regolamenti, allo Statuto sociale ed alle procedure interne.

La comprensione del controllo interno aiuta l’organo di controllo ad identificare le tipologie di errori potenziali ed i fattori che incidono sui rischi di errori significativi, nonché a determinare la natura, la tempistica e l’estensione delle procedure di revisione (ISA Italia n. 315, A42).

Il Sistema di controllo interno verifica, in definitiva, il conseguimento delle seguenti attività:

  • verifica dell’attuazione delle strategie e delle politiche aziendali;
  • contenimento del rischio entro il limite massimo accettato (“tolleranza al rischio”);
  • salvaguardia del valore delle attività e protezione dalle perdite;
  • efficacia ed efficienza dei processi aziendali;
  • affidabilità e sicurezza delle informazioni aziendali e delle procedure informatiche.
  1. d) Processi definiti di condivisione dei flussi informativi tra gli amministratori e gli organi di controllo

L’insieme dei rapporti che intercorrono tra gli amministratori dell’impresa e gli organi di controllo rappresentano uno dei fondamentali meccanismi operativi di funzionamento del sistema dei controlli interni e del processo di gestione dei rischi. A tal fine, è necessario che tali interrelazioni tra tali organi forniscano informazioni utili al destinatario, garantendo la completezza, chiarezza, accuratezza, certezza e tempestività delle informazioni inviate, con un occhio particolare alla riservatezza delle informazioni stesse. Bisogna, quindi, individuare e formalizzare adeguate prassi operative (convocazione, periodicità delle riunioni, partecipazione) che garantiscano effettività e tempestività d’intervento. La tempestiva ed adeguata circolazione delle informazioni porta efficienza nella gestione ed efficacia nei controlli. L’obiettivo è dunque quello di creare un sistema integrato in cui la comunicazione diventa il presidio cardine del processo di corretta prevenzione e gestione dei rischi, coinvolgendo in modo innovativo e circolare tutte le componenti (organi di controllo, funzioni e strutture aziendali).

  1. Assetto amministrativo

L’assetto amministrativo e contabile si ritiene adeguato se permette “la completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione, la produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e la produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio d’esercizio” (CNDCEC, Febbraio 2018).

In particolare, ai fini di un adeguato assetto amministrativo, devono essere poste in essere le seguenti attività:

  • Redazione di situazioni contabili infra-annuali attendibili ed assestate con periodicità almeno trimestrale;
  • Monitoraggio del rischio di credito dell’azienda, dei debiti segnalati in Centrale Rischi e del rating;
  • Produzione di informazioni valide ed utili per l’assunzione delle decisioni gestionali, per la salvaguardia del patrimonio aziendale e la redazione del bilancio di esercizio.
  1. a) Redazione di situazioni contabili infra-annuali (formato CEE) attendibili ed assestate con periodicità almeno trimestrale

Le situazioni contabili infra-annuali devono essere redatte, previa approvazione da parte dell’organo amministrativo, o, in mancanza, dal responsabile delle scritture contabili, nella medesima forma del bilancio d’esercizio ordinario (Stato patrimoniale, Conto economico), rispettando i principi contabili nazionali e con frequenza almeno trimestrale in conformità con la scansione temporale imposta dagli strumenti di allerta (ex art. 14 e 15 del D.lgs. 14/2019) e dalle misure premiali (ai sensi degli art. 24 e 25 del D.lgs. 14/2019).

Ai fini di una corretta e veritiera rappresentazione, i report infra-annuali devono costituire una fonte informativa tempestiva, completa ed attendibile circa l’evoluzione della gestione aziendale nell’intervallo temporale individuato sia per gli aspetti patrimoniali che per quelli reddituali. Pertanto, tali prospetti devono essere comprensivi delle scritture di assestamento attraverso le quali si determina la competenza delle componenti positive e negative del risultato di periodo (utile o perdita) e gli elementi del patrimonio di funzionamento. È bene sottolineare, inoltre, che ogni bilancio infra-annuale deve presentarsi come prospetto “autonomo” per cui ogni voce del Conto economico dovrà essere di competenza esclusiva dell’intervallo temporale considerato mentre lo Stato patrimoniale dovrà esprimere il valore delle attività e delle passività alla data di chiusura di ciascun periodo infra-annuale. Dall’analisi dei report infra-annuali, infine, dovrà emergere l’adeguatezza negli assetti contabili e la tipologia di approccio dell’impresa nella gestione.

Facciamo un esempio.

Per una situazione consuntiva infra-annuale relativa al terzo trimestre tutti i ricavi e costi del Conto economico saranno da imputare all’intervallo temporale 1 luglio – 30 settembre, mentre lo Stato patrimoniale riporterà il valore delle poste attive e passive al 30 settembre ad eccezione della sottovoce “Utile (perdita) dell’esercizio” del Patrimonio netto che comprenderà il risultato d’esercizio cumulato dal 1 gennaio al 30 settembre. L’utilità di una tale analisi è quella di verificare gli scostamenti tra diversi periodi e valutare così le performance aziendali: “gli organi preposti al controllo interno dovranno periodicamente (almeno su base trimestrale) monitorare gli indici finanziari che costituiscono gli early warning contabili, quest’ultimi calcolati sulla base di situazioni contabili infra-annuali, confrontandoli con la serie storica (almeno triennale) avente uguale periodicità” (ODCEC Milano, Quaderno 71).

A prescindere dalla scelta dell’intervallo temporale inserito, l’importante è che il confronto sia effettuato sempre tra riferimenti temporali omogenei: ad esempio, I trimestre 2023 con il I trimestre 2022 per verificare eventuali scostamenti e mettere a confronto i diversi indicatori (MOL, EBIT, ROS ecc.). Non avrebbe alcun senso mettere a confronto trimestri differenti di diversi anni come, ad esempio, il I trimestre 2023 con il II trimestre 2022 dato che potrebbero avere delle stagionalità molto diverse. La situazione contabile infra-annuale è diversa dalla situazione contabile ad una certa data. La prima è stata già descritta precedentemente, la seconda è la fotografia dell’azienda ad una certa data che parte sempre dal 01/01/aaaa fino alla data considerata. Senza un confronto con un periodo omogeneo tale seconda situazione non dà alcun valido apporto all’analisi che dobbiamo effettuare ai fini delle disposizioni del Codice della crisi.

  1. b) Monitoraggio del rischio di credito dell’azienda, dei debiti segnalati in Centrale Rischi e del rating

Nell’ottica della prevenzione della crisi di impresa assume un rilievo fondamentale il monitoraggio dei flussi di cassa e bancari. Occorre verificare se l’azienda pone in essere procedure atte alla gestione proattiva del rischio di credito, ove per “rischio di credito” si intende la capacità dell’azienda di far fronte ai propri obblighi con i normali metodi di pagamento. Un suo corretto monitoraggio presuppone sistemi avanzati di pianificazione, di gestione e di controllo e sistemi informativi adeguati in grado di soddisfare le esigenze conoscitive degli stakeholder interessati in vario modo alle dinamiche aziendali. Trasparenza, tempestività, accuratezza e completezza delle informazioni riguardanti la gestione diventano elementi essenziali ai fini di una corretta valutazione della capacità di credito della azienda. Nell’attuale contesto finanziario è fondamentale la fiducia e la reputazione di cui gode l’impresa. A tal riguardo, l’accesso al credito è indispensabile per qualsiasi azienda e, ai fini di una sua concessione, viene espresso un giudizio “rating” sull’affidabilità creditizia dell’impresa. Il rating, quindi, è una misura della capacità dell’azienda di ripagare i suoi debiti, nel breve, medio e lungo periodo. Questo giudizio non è solo il risultato di un’analisi condotta sulla base di informazioni quantitative, contabili ed andamentali ma rappresenta anche la capacità della banca di valorizzare e comprendere le informazioni di natura qualitativa dell’impresa. Il rating, dunque, è una valutazione sintetica della capacità dell’azienda di ripagare con flussi di cassa futuri un prestito in maniera regolare e completo in un determinato periodo di tempo. Il primo passo per una sua definizione consiste in un’analisi economico-finanziaria, che permetta di esaminare il bilancio, la redditività, la remunerazione del capitale, i flussi di cassa, la capacità di produrre risorse e reddito e tutta un’altra serie di parametri societari fondamentali. Esaminati questi aspetti di natura endogena si passa all’analisi di settore che, attraverso un paragone con aziende simili operanti nello stesso contesto, permette di evidenziare le prospettive future dell’intero mercato, le quali possono avere ripercussioni dirette sulla società e, di conseguenza, sul rating ad essa assegnato. Infine, si predispone l’analisi quantitativa e qualitativa della società attraverso la quale si esamina anche lo stesso management, la gestione generale, la struttura, gli obiettivi e le scelte effettuate. Un aspetto che incide in maniera significativa sul rating riguarda l’analisi andamentale ossia il comportamento dell’azienda tenuto nel tempo con tutti gli operatori finanziari (banche, società di leasing, etc.); tutta la storia del rapporto tenuto con questi soggetti viene registrata ed è rintracciabile tramite interrogazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. L’azienda deve mettere in essere strategie volte a migliorare l’utilizzo dei finanziamenti in corso, come ad esempio, l’impiego del fido fino al suo valore limite per un periodo di tempo prolungato che è interpretato dai soggetti esterni come un sintomo di difficoltà finanziaria che peggiora il rating; allo stesso modo lo scoperto di conto che dovrebbe fronteggiare improvvise carenze di cassa viene utilizzato saltuariamente oppure il conto è perennemente in rosso? Questo secondo caso è interpretato come un’anomalia. Infine, le rate dei prestiti e dei mutui sono state sempre rimborsate a scadenza? Il mancato rimborso delle rate così come gli assegni insoluti o ricevute bancarie non pagate dai clienti sono tutti elementi fonti di giudizio negativo per la solvibilità e quindi dell’affidabilità dell’azienda stessa.

Il rating è a tutti gli effetti una variabile strategica per qualsiasi tipologia di azienda il cui valore è strettamente connesso alla qualità del sistema di monitoraggio della gestione finanziaria ed in particolare:

  • all’equilibrio di tesoreria;
  • all’equilibrio della struttura patrimoniale;
  • all’equilibrio della sostenibilità finanziaria dell’impresa.
  1. c) Produzione di informazioni valide ed utili per l’assunzione delle decisioni gestionali e per la salvaguardia del patrimonio aziendale

Le dinamiche con le quali si manifestano gli accadimenti aziendali impongono sistemi di controllo di gestione avanzati in quanto le variabili da controllare possono mutare rapidamente ed assumere valori differenti rispetto a quanto previsto. È necessario, dunque, che le diverse funzioni aziendali si scambino e condividano in maniera efficiente le informazioni. Queste sono un patrimonio immateriale fondamentale nella gestione aziendale e costituiscono un dato imprescindibile per l’assunzione delle decisioni gestionali, per la salvaguardia del patrimonio aziendale e per la possibilità di redigere bilanci sia d’esercizio che infra-annuali completi, tempestivi ed attendibili. La cosa più importante è comprendere bene la natura dei dati e le modalità dalle quali scaturiscono in maniera tale da poter scegliere opportunamente la dotazione hardware e software da dover impiegare. Un sistema appropriato di rilevazione e analisi dei dati aziendali consente, dunque, di prevedere l’andamento aziendale nel futuro prossimo dotando l’azienda della capacità di reagire ai continui cambiamenti del mercato e del contesto economico circostante.

Tutto ciò è ancora più vero per quanto riguarda la tutela del patrimonio aziendale dove bisognerà predisporre anche procedure di identificazione e trattamento delle informazioni riservate. Le tecnologie attuali consentono azioni di sorveglianza sempre più sofisticate per salvaguardare il patrimonio aziendale da furti di dati e spionaggio industriale attraverso misure di contenimento del rischio.

  1. Assetto contabile

Elemento centrale nella valutazione degli assetti aziendali consiste nell’implementazione di un adeguato ed efficiente sistema di pianificazione e controllo che permetta all’azienda di sviluppare un vantaggio in termini di individuazione preventiva dei rischi ai quali la stessa è esposta e la loro conseguente mitigazione o eliminazione. Sistemi di pianificazione e controllo efficaci sono in grado di individuare i segnali di squilibrio e di attivare tempestivamente gli strumenti e le procedure di allerta previste dal Codice della crisi e dell’insolvenza, al fine di evitare situazioni di crisi e di preservare la continuità aziendale.

Pianificazione e controllo di gestione sono, dunque, gli strumenti operativi utili ad evitare la crisi d’impresa. Nel D.lgs. 14/2019, “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” sono considerati indicatori di crisi aziendale:

  • “gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi”;
  • “il rapporto tra flusso di cassa e attivo, tra patrimonio netto e passivo, tra oneri finanziari e ricavi”;
  • “i reiterati e significativi ritardi nei pagamenti”.

Il sistema di pianificazione e controllo di gestione rappresenta dunque un sistema direzionale che può assumere una configurazione più o meno ampia e complessa, a seconda della dimensione dell’azienda. All’interno dell’assetto contabile, compito principale dell’area pianificazione e controllo è quello del tempestivo monitoraggio di condizioni di crisi, da intendere nel senso di inadeguatezza delle entrate monetarie a coprire le uscite monetarie determinate dalla gestione di un determinato arco di tempo futuro.

La pianificazione riguarda il futuro di medio-lungo periodo (attraverso i piani strategici) e di breve periodo (con il budget ed altri preventivi annuali e infra-annuali), mentre il controllo di gestione in senso stretto si riferisce alla misurazione e al monitoraggio dei risultati effettivi della gestione, man mano che questi si manifestano. Questi due sub-sistemi sono palesemente necessari e inscindibili. In caso contrario, la piena consapevolezza del “generale andamento della gestione” e della “sua prevedibile evoluzione”, richiesta dalle norme prima citate, sarebbe seriamente compromessa.

Da ciò si evince che gli strumenti imprescindibili di Pianificazione e Controllo sono i seguenti:

  • Sistema di Controllo di Gestione per il monitoraggio analitico dell’attività con analisi degli scostamenti budget-consuntivo;
  • Business planning, pianificazione economico-finanziaria, budgeting, forecast sia annuali che infra-annuali;
  • Sistema di gestione della tesoreria aziendale a consuntivo e previsionale con redazione di piani di cassa;
  • Rilevazione del DSCR a 6 mesi;
  • Risk management.
  1. a) Sistema di Controllo di Gestione per il monitoraggio analitico dell’attività con analisi degli scostamenti budget-consuntivo

La capacità degli adeguati assetti aziendali di rilevare tempestivamente la crisi e la perdita di continuità aziendale presuppone lo sviluppo di un’efficiente “Sistema di Controllo di Gestione”. Il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” infatti impone all’imprenditore di dotarsi di adeguati strumenti volti a rilevare tempestivamente lo stato di difficoltà o crisi, così da adottare idonee iniziative finalizzate al riassesto dell’attività. Il sistema di controllo di gestione, accuratamente ritagliato su misura delle dimensioni e dell’attività svolta da ciascuna azienda, non solo deve consentire di adempiere alle attività di monitoraggio richieste del “Codice della Crisi” ma deve altresì prevedere un sistema informativo in grado di analizzare dettagliatamente gli aspetti fondamentali dell’attività, fornendo un aiuto di estremo valore all’imprenditore nel suo processo decisionale. Il controllo di gestione deve rappresentare il sistema direzionale di guida del management, consistente in una struttura (tecnico-contabile e organizzativa) e in un processo (più precisamente definibile di pianificazione e controllo) per la previsione dei risultati attesi e il monitoraggio dei risultati raggiunti, con relativo confronto. Pertanto, uno strumento indispensabile per l’impresa in sede di monitoraggio della gestione è “l’analisi degli scostamenti” che permette di ottenere una precisa e accurata valutazione dei conti di bilancio che presentano una mancata rispondenza con gli obiettivi pianificati. Tale analisi mette in relazione i dati di previsione, stimati in sede di budget, con i valori consuntivi, ponendo interrogativi e, quindi, fornendo soluzioni sulle principali cause di divergenza. Monitorando dunque i risultati a consuntivo e sfruttando l’analisi degli scostamenti, si ottengono previsioni, o meglio proiezioni, sull’andamento aziendale sempre più precise ed attendibili. Il sistema di controllo di gestione deve quindi adempiere al monitoraggio precoce della crisi attraverso, i cosiddetti “indicatori di allerta” che sono parte integrante della strumentazione tecnico-contabile, ed al controllo dell’andamento generale della gestione passata e la previsione dell’evoluzione della gestione futura.

Il sistema di controllo di gestione deve, in definitiva, fornire al management tutti gli elementi necessari per prendere decisioni su eventuali strategie correttive. Le sue attività devono riguardare:

  • l’ottimizzazione delle risorse minimizzando il rischio di scostamento tra ricavi e costi di ogni settore dell’impresa (Analisi dei centri di costo e di ricavo) e migliorando la redditività delle single attività;
  • l’elaborazione di relazioni informative specifiche per ciascuna attività aziendale, costantemente aggiornate e condivise con le diverse aree aziendali;
  • la valutazione dell’andamento complessivo della gestione aziendale proponendo i necessari correttivi in caso di eventuali disequilibri;
  • la definizione delle risorse economiche a disposizione di ciascuna area aziendale, le voci di costo, le responsabilità di riferimento, le relative procedure gestionali ed operative;
  • l’analisi dei dati a fine periodo (gli intervalli di tempo sono determinati in base alla tipologia di attività), le verifiche di merito con gli uffici interessati per vedere se hanno raggiunto gli obiettivi fissati.

Da un punto di vista operativo i principali strumenti di analisi basati su informazioni contabili ed economiche finanziarie si possono così riassumere:

  1. La contabilità dei costi e contabilità analitica riferita ai ricavi
  2. Attività di Budgeting:
    • budget operativi, budget degli investimenti, budget finanziari
    • budget dei centri di costo e dei centri di spesa
    • budget dei centri di ricavo e dei centri di profitto
    • budget dei centri di investimento
  3. Sistema di reporting, che mettono a confronto i dati effettivi rispetto a quelli di budget, con particolare riferimento agli scostamenti tra periodi omogenei che rappresentino almeno un trimestre

Come dicevamo precedentemente, tali strumenti si basano esclusivamente su dati contabili. Negli anni la materia è stata oggetto di numerose integrazioni al fine di tenere conto anche di altre valutazioni ed elementi per misurare la performance aziendale. In tal senso, le metodologie maggiormente utilizzate sono rappresentate dalla Activity Based Control (ABC) e Balanced-Scorecard (BSC) messo a punto da Kaplan e Norton. In particolare, attraverso la BSC si costruisce uno strumento di controllo che collega non solo i dati quantitativi di natura contabile ed economici e finanziari, ma anche la strategia, gli obiettivi strategici e i risultati ottenuti. Possiamo schematizzare brevemente il modello in quattro aree di intervento:

  • Area Finanziaria: si basa sul modello tradizionale di analisi economico finanziaria dei dati ma focalizza l’attenzione su alcuni aspetti in particolare come la remunerazione del capitale investito, i margini sulle vendite, la crescita del fatturato e la riduzione del rischio aziendale.
  • Area Cliente: gli obiettivi strategici devono basarsi sulla soddisfazione dei clienti, sul miglioramento del servizio post-vendita e sull’attrazione di nuovi clienti.
  • Area dei Processi interni: miglioramento dei processi aziendali per migliorare la produttività, riduzione dei tempi di consegna e miglioramento della qualità mediante un controllo più efficace.
  • Area della Prospettiva delle Competenze e dello Sviluppo: azioni volte allo sviluppo delle competenze, alla diffusione delle informazioni, allo sviluppo di nuove politiche di marketing e comunicazione e all’investimento in ricerca e sviluppo.
  1. b) Business planning, pianificazione economico-finanziaria, budgeting, forecast sia annuali che infra-annuali

Con il nuovo Codice della crisi, diventa di fondamentale importanza l’attività di pianificazione finanziaria che si esplica attraverso la redazione di piani previsionali con un orizzonte temporale di almeno un anno.

Il business plan, o piano industriale, deve presentare tre requisiti fondamentali:

  • la conoscenza approfondita delle logiche di gestione e organizzazione dell’azienda ed il settore di appartenenza;
  • la capacità di esplicitare l’idea imprenditoriale e la strategia di business;
  • il possesso di un adeguato know-how sul processo di pianificazione strategica.

Il business plan è dunque l’esplicitazione della pianificazione strategica aziendale ed è un documento nel quale sono fissati gli obiettivi e le strategie di medio/lungo periodo. Se correttamente redatto, il piano industriale permette all’azienda di avere una visione integrata e sistematica dei propri obiettivi, trasformando le strategie aziendali in numeri e verificando così la loro effettiva efficacia.

In pratica un Business planning deve essere comprensivo dei seguenti contenuti:

  • analisi delle performance dell’azienda negli ultimi 3/5 anni;
  • i conti economici e patrimoniali previsionali, preferibilmente mensilizzati;
  • i flussi finanziari mensilizzati nella forma del budget analitico di cassa;
  • la verifica dell’equilibrio economico finanziario ed in particolare la verifica della sostenibilità del debito;
  • calcolo e verifica degli indici e margini previsionali.

Il punto di partenza di ogni attività di pianificazione è rappresentato da una corretta gestione della tesoreria aziendale, di cui tratteremo ampiamente nel successivo paragrafo. Solo in tal modo posso costruire un budget di cassa che rispecchi, in modo più fedele possibile, le dinamiche finanziarie previsionali dell’azienda.

I “Forecast sia annuali che infra-annuali”, invece, sono una previsione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria a fine periodo diventando sempre più attendibile col passare dei mesi dell’anno, dato che progressivamente aumentano i mesi a consuntivo rispetto a quelli previsionali.

  1. c) Sistema di gestione della tesoreria aziendale a consuntivo e previsionale con redazione di piani di cassa

Il monitoraggio dei flussi di cassa è fondamentale per gestire in modo consapevole il rischio di liquidità, ossia la capacità di onorare gli impegni con i fornitori e gli enti finanziatori nei tempi stabiliti. Una corretta gestione della tesoreria permette di monitorare la situazione finanziaria di breve periodo attraverso la gestione dei flussi di cassa sia in termini di incassi e pagamenti che in termini di misurazione e valutazione delle performance finanziare previsionali. Una società in grado di pianificare correttamente i flussi di cassa riuscirà a essere sempre puntuale nei pagamenti, a non andare in extra fido, ad utilizzare gli affidamenti concessi mantenendo sempre un certo margine di garanzia e raggiungendo un equilibrio finanziario. Oltre a questo, un’efficace gestione della tesoreria consente di monitorare e gestire adeguatamente gli andamenti dei conti correnti bancari ai fini della loro valutazione per la Centrale Rischi della Banca d’Italia e per il miglioramento del rating bancario. Tale miglioramento ha un effetto positivo sia sul costo del credito che sull’eventuale richiesta di un maggiore affidamento legato allo sviluppo aziendale. Per fare tutto ciò, è indispensabile dotare l’azienda di un efficiente sistema di tesoreria sia a consuntivo che previsionale adeguato alla specifica realtà. In tal modo potrò prevenire ed anticipare possibili rischi finanziari scegliendo per tempo gli strumenti attraverso cui fronteggiarli.

Un valido ed efficace sistema di tesoreria è formato da tre elementi:

  • Entrate e uscite certe (per le fatture la data in esse indicate)
  • Entrate e uscite previste (derivanti da ordini clienti/fornitori)
  • Entrate e uscite prospettiche (Piano industriale con stime del management)

Dal momento che la crisi d’impresa è definita dall’art. 2 del DLGS 14/2019 come “inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate” la previsione di tali flussi è dunque alla base della capacità di prevenzione della crisi e dotarsi di un sistema idoneo per la loro quantificazione costituisce una prerogativa imprescindibile per qualsiasi azienda.

Diventa fondamentale per l’impresa il monitoraggio della previsione delle entrate e delle uscite con un orizzonte temporale minimo di sei mesi: questo permetterà la verifica della capacità dei flussi di cassa prospettici di far fronte alle obbligazioni esistenti ed a quelle che si prevede sorgeranno. Non è infatti sufficiente tenere conto dei soli scadenzari attivi e passivi derivanti dagli obblighi di pagamento esistenti ma vanno considerati anche gli ordini cliente e fornitori, nonché le previsioni di acquisto e di vendita non ancora tradotti in ordinativi.

La tesoreria presenterà entrate ed uscite in parte certe (nel diritto/obbligo sottostante di pagamento), in parte previste (derivanti da impegni risultanti da documenti esistenti) ed in parte prospettiche (scaturenti da stime del management).

Una parte rilevante dei dati della tesoreria proviene da scadenzari, fatture attive e passive, leasing, mutui, da informazioni dell’area commerciale (previsioni di vendita ed informazioni su eventuali ritardi o contestazioni), dall’area della supply chain (previsioni di acquisto, di giacenza di magazzino, di riordino), dall’area di produzione (previsioni di manutenzioni, investimenti e disinvestimenti) ed infine dalla gestione del personale (buste paga, oneri accessori, trattamenti di fine rapporto).

Il dato finale emergente dalla tesoreria è rappresentato dai flussi di cassa mensili netti disponibili per il rimborso dei debiti, la cui sommatoria consente il calcolo del DSCR (Debt service coverage ratio), un indice di sostenibilità finanziaria del debito aziendale considerato come uno dei più importanti indicatori di crisi.

Il monitoraggio dei flussi di cassa può consistere in semplici fogli di calcolo nei casi di realtà aziendali piccole e poco complesse. Per società di maggiori dimensioni o più strutturate diventa indispensabile dotarsi di software che gestiscano la tesoreria aziendale con scadenzari previsionali e contabili, controllo delle condizioni bancarie, posizioni finanziarie previsionali e di consuntivo. Questi sistemi risultano particolarmente efficienti se collegati con i sistemi di gestione della contabilità (ERP).

  1. d) Rilevazione del DSCR a 6 mesi

Il DSCR (Debt service coverage ratio) è l’indice preposto alla verifica preventiva, in ottica “forward looking”, dell’adeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alla restituzione del debito come contrattualmente previsto, ed in tal senso rappresenta un indicatore sintetico della “sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare”. Tale indice costituisce uno dei principali “indici di allerta” ed in quanto tale si deve fondare su dati prospettici; avrebbe infatti poca utilità un calcolo basato su dati storici. Il DSCR rappresenta, infatti, il rapporto tra il cash flow a servizio del debitodell’impresa previsto per i sei mesi successivi ed il fabbisogno finanziario del rimborso del debito nel medesimo periodo temporale e pertanto un valore di DSCR maggiore di uno sta a significare che le entrate di cassa (il numeratore) sono superiori alle uscite (il denominatore). Come precedentemente descritto, per poter calcolare adeguatamente questo indice è indispensabile un sistema predisposto alla gestione della tesoreria. L’orizzonte temporale di esame dei flussi finanziari richiesto per il calcolo dell’indice è rinvenibile dall’esame del comma 1 dell’articolo 13 del codice della crisi nel quale si stabilisce che l’incapacità di far fronte alla sostenibilità dei debiti nei sei mesi costituisce un indice di crisi. Per tale motivo, sarà indispensabile che la gestione della tesoreria, debba avere sotto controllo almeno i sei mesi di sostenibilità dei debiti richiesti dall’articolo 13, primo comma.

  1. e) Risk management

L’azienda deve porre in essere opportuni strumenti atti ad identificare, valutare e contenere i rischi che possono recare danno o bloccare la sua operatività. A tal fine le imprese dovranno dotarsi di tecniche di risk management per la misurazione e mitigazione dei rischi come, ad esempio, l’impiego di contratti finanziari derivati di copertura o tecniche di hedging interno e con un approccio metodologico strutturato e proattivo il cui spettro d’indagine dovrà riguardare tutti gli aspetti delle attività d’impresa. Ai fini sempre della rilevazione tempestiva della crisi, il risk management deve focalizzarsi sui rischi di strategia, individuando tutti quegli eventi avversi, il cui impatto sarebbe particolarmente e potenzialmente critico sui risultati prodotti dall’impresa. Tutte le attività riguardanti la gestione del rischio devono pertanto contribuire e rafforzare la continuità aziendale. Il grado di utilizzo di questi strumenti può variare in base alla complessità ed alle dimensioni aziendali. Nelle realtà meno strutturate, può essere sufficiente utilizzare dei semplici questionari che aiutino gli amministratori e gli eventuali organi di controllo ad identificare i maggiori rischi che possono compromettere la continuità aziendale, analizzandoli al fine verificare le migliori soluzioni possibili che possano mitigare quanto più possibile tali rischi.

Come ci dicono Alessandro Danovi e Giuseppe Acciaro in “La svolta verso una sana conduzione imprenditoriale” articolo del Sole 24 Ore: “la situazione di aumentata incertezza nella quale si trovano oggi ad operare le imprese ha messo in luce l’inefficacia dell’approccio “giorno per giorno” e l’imprescindibilità di uno stile di direzione più razionale ed anticipatorio. […] In altre parole, l’adozione di adeguati assetti non deve essere interpretata come un costo, bensì come un investimento, funzionale non solo a prevenire la crisi, ma anche quale occasione di sviluppo dell’impresa, delle competenze manageriali, dei fattori organizzativi per la competitività, in un contesto ambientale sempre più rischioso e perturbato, in cui è prioritario preservare le condizioni prospettiche di equilibrio, facendo emergere precocemente i fenomeni che potrebbero turbarlo”.

Ruolo dei consulenti che affiancano l’imprenditore e di associazioni come AICIM che opera per fare cultura d’impresa e preparare gli imprenditori italiani alle importanti sfide che il futuro riserva, è quello di fornire strumenti, tecniche e metodi per innovare la gestione, facilitando quel cambio di passo di cui spesso l’imprenditoria ha bisogno per rigenerare sé stessa e dare nuova linfa all’economia.

Conclusioni

Il legislatore ha posto l’accento sulla necessità di un sistema organizzativo delle Imprese che prevenga le crisi. La prassi e la disciplina aziendalistica hanno sempre posto come loro base i principi di corretta, efficace ed efficiente gestione amministrativo-gestionale delle Imprese. La gestione manageriale di un’impresa comporta un sistema più organizzato e dotato di procedure e processi che consentono la prevenzione dei rischi e la gestione efficace ed efficiente. Questo tipo di organizzazione oggi è necessario anche nelle PMI, che, pur avendo organizzazioni più snelle, devono necessariamente dotarsi di “adeguati assetti”.

Il sistema di strumenti o tools BDS (Business Development System) che parte da un Checkup completo dell’organizzazione (BDS CHECK) per poi verticalizzare il controllo nelle aree Economico-finanziaria (BDS ECOFIN), digitale (BDS ICT) e sulla capacità aggregativa e internazionale (BDS ADVANCE) è da considerarsi un set utile a intercettare i temi legati agli adeguati assetti e soprattutto a guidare l’Azienda nel Modello dei 7 Passi. Tale modello consente una guida allo sviluppo e alla crescita delle PMI, attraverso le competenze di BDS AMBASSADOR preparati sugli strumenti,  sia in senso dimensionale che nella qualità organizzativa, come le tante testimonianze di Impresa che AICIM-AISOM hanno mostrato in convegni e webinar, disponibili sul canale Youtube di AICIM.

(https://www.youtube.com/watch?v=A8L5RWwIPgE&t=394s).