A cura del Team Finanza e Controllo

Coordinatore del Team: Andrea Spensieri

Vice-Coordinatori: Alessandro Pistagnesi, Stefano Casoni, Domenico Tolomeo, Guido Alberto Micci

Contributi tecnici: Marco Curti, Stefano Casoni, Guido Alberto Micci

Premessa

A cura di Andrea Spensieri

Come consuetudine apriamo il 2024 con l’augurio per tutti di un sereno e prospero 2024 da parte di AICIM.

In questo primo articolo del nuovo anno è stato scelto un tema delicato e ricco di spunti: la valutazione d’Azienda.

Accenneremo alle tecniche di valutazione: dal punto di vista tecnico si fa riferimento ai Principi Italiani di Valutazione. Ma questo non vuole essere un articolo per tecnici, ma intende soffermarsi soprattutto sull’attenzione che va posta durante la gestione dell’Azienda agli indicatori (KPI) di riferimento che creano il valore aziendale.

Nonostante le diverse metodologie di calcolo, questi indicatori sono in linea di massima il margine di profitto (EBITDA), la posizione finanziaria netta (PFN) e gli assets, insieme ai multipli di settore. Questi i principali protagonisti della maggior parte delle valutazioni utilizzate nei piani industriali, nelle operazioni di acquisizione e cessione di azienda (Merger&Acquisitions) o nelle operazioni di quotazione nei mercati regolamentati.

Una volta individuato il valore di riferimento si procede con le dovute negoziazioni.

Da questo scenario partiremo per focalizzarci sul tema in visione AICIM-AISOM: con spirito pragmatico e cercando di dare spunti utili sia alle Imprese che ai Consulenti e Manager (entrambi rappresentano la nostra base associativa), protagonisti senza i quali non ci sarebbe cultura di Impresa e Management generatori di sviluppo, crescita e occupazione.

Iniziamo con alcune riflessioni utili a porci domande sul “perché” e poi arriveremo al “come”.

Le ragioni imprenditoriali della valutazione del valore dell’Azienda: perché?

A cura di Marco Curti

Perché consultiamo riviste e web per verificare il valore della nostra automobile? Perchè ci interessa tanto conoscere il valore attuale della nostra casa?

Perché cerchiamo di assicurare nel tempo la migliore manutenzione alla nostra automobile e alla nostra casa?

Le articolate ed esatte ragioni sociologiche e psicologiche rispondenti ai due tipi di domande di cui sopra (valore del bene e costi di manutenzione) non le conosco, anche perché non sono né un sociologo né uno psicologo.

Per quanto mi concerne, e forse più o meno per molti se non tutti, io desidero:

  • conoscere il valore della mia casa e/o della mia automobile per senso di: proprietà, sicurezza, orgoglio, immagine, …;
  • investire nella manutenzione dei due beni per poter “vivere meglio” e incassare il massimo possibile in caso di vendita per scelta o per emergenza.

E allora perché un imprenditore non dovrebbe voler conoscere il valore della propria impresa e non investire per “vivere meglio” (profittevolmente e socialmente) il proprio business e mantenerne o, meglio, aumentarne il valore nel tempo?

Attenzione, una premessa: valore dell’azienda o valore dell’impresa?

Il valore dell’azienda (insieme organizzato di risorse per il business), entro certi limiti, è presto fatto con le opportune analisi di bilancio ed è soprattutto un valore ex-post.

Il valore dell’impresa include anche il posizionamento dell’azienda sul mercato di riferimento proiettato nel tempo ed è quindi soprattutto un valore ex-ante.

In effetti se sono un’azienda di grande valore che però non è riconosciuta dal mercato, a mala pena valgo il valore dei miei capannoni e delle mie macchine utensili, il tutto non nuovo ma usato!

Ma torniamo alla nostra domanda di cui sopra: perché?

Al di là di ragioni psicologiche e/o sociologiche che non sono oggetto del presente articolo, prima di tutto la risposta dovrebbe essere: perché l’impresa è un valore, un valore che può essere anche molto elevato e poi perché:

Un imprenditore orientato al business vede business anche nel valore della sua impresa

  • È fondamentale nello sviluppo di strategie di aggregazione
  • È fondamentale per l’entrata in borsa
  • Deve essere tenuto presente in ogni business plan o piano industriale che si rispetti
  • Assicura un ritorno positivo dagli stakeholders (clienti, fornitori, dipendenti, banche, …)
  • Dà maggiore sicurezza nel rapporto con il mercato

È evidente allora che il valore dell’azienda non solo debba essere mantenuto ma bensì sviluppato nel tempo affinché aumenti sempre più.

Ciò vuol dire investire:

  • nelle debolezze aziendali per superarle e nelle forze aziendali per mantenerle o migliorarle
  • nel rapporto con il mercato (modalità di presenza, quota, posizionamento, tipologia di clienti, …)

Il “capannone” è un valore, dove è ubicato il capannone è un valore, cosa si fa e come nel capannone ha un valore, quanto il tutto sia desiderato dal mercato è un valore, come si serve il mercato è un valore, … e allora qual è il valore dell’impresa oggi e/o quale può essere il suo valore futuro se si investe nel miglioramento dei fattori sia aziendali che di mercato?

Avete mai notato che, generalmente e indipendentemente dal settore, le aziende strutturalmente (uffici, fabbriche … anche le hall d’entrata!) più belle, quelle con le politiche del personale più avanzate, quelle con brand, immagine e loghi più moderni, quelle che investono significativamente negli elementi soft dell’impresa, ecc. … sono quelle che hanno altri margini e che hanno alti margini perché offrono VALORE al mercato che si rende, di conseguenza, disponibile a pagare per loro un prezzo premium?!

Un esempio per me leggibile da tutti è la Ducati moto. Certamente una azienda già di successo nel suo segmento di riferimento ma, con l’entrata nel capitale e nella governance di un player industriale globale con forze finanziarie e manageriali globali è diventata L’AZIENDA DI RIFERIMENTO DI UN INTERO SETTORE. Alla recente fiera motociclistica di Milano, a causa della folla presente, era fisicamente difficile riuscire ad entrare nello stand della Ducati!

Il tema si articola ulteriormente nel momento in cui, come in tutte le attività di business, si confronta il valore da noi calcolato con quello accettabile da parte del mercato. E quale mercato?

Il mercato finanziario: Private Equity, Borsa, …

Il mercato industriale: aziende industriali concorrenti, parallele, verticali, …

Il tema è affascinante, importante e molto impegnativo in quanto va diritto al cuore dell’impresa e permette di capire “quale gioco si sta giocando”, in che posizione e come vincere.

Aggregazione è tendenzialmente la risposta strategica al necessario sviluppo dimensionale della PMI

Ormai abbiamo tutti capito che il detto “piccolo è bello” deve essere ri-pensato.

Nel momento in cui si distingue l’Impresa Artigiana (organizzazione elementare e mercato geografico limitato) dalla Piccola Media Impresa (organizzazione complessa e mercato geografico esteso), per quest’ultima il detto “piccolo è bello” è molto probabilmente un errore. Molto probabilmente perché possono sempre esserci eccezioni, ma queste ultime restano eccezioni e non regole.

Se riconosciamo un mondo:

  • significativamente aperto al movimento e sviluppo di: persone, organizzazioni, finanza e tecnologia
  • socialmente ed economicamente molto competitivo, inclusa la competitività fra le nazioni (!)
  • in particolare, con sviluppo tecnologico avanzato, rapido e continuo, tale da impattare o addirittura modificare usi e costumi delle persone e della società
  • il tutto all’interno di un ambiente globale e glocale instabile
  1. PMI tendenzialmente con:
  • un imprenditore con una visione di breve-medio periodo
  • un management che ha una bassa esperienza nella gestione della complessità
  • forze finanziarie di rischio (equity) molto limitate
  • organizzazione funzionale e non strategica
  • capacità di, e soprattutto la disponibilità a, investire in marketing e vendita di carattere prevalentemente operativo
  • Supply Chain di limitate capacità
  • Ricerca e Sviluppo di dimensioni limitate e, per di più, spesso troppo dispersa su vari fronti (prodotto nuovo, prodotto modificato, allargamento gamma, …)
  • disponibilità di investimento sbilanciata sui fattori hard d’azienda (impianti e macchine) rispetto a quelli soft (marketing, branding, …)

le PMI non possono pensare di riuscire CON LE SOLE PROPRIE FORZE E DEBOLEZZE a far fronte alle MINACCE E OPPORTUNITÀ del mercato con successo, ovvero con tassi di sviluppo che permettano loro un posizionamento “visibile” sul mercato di riferimento.

La risposta sta molto probabilmente nell’aggregazione, ovvero: gestione straordinaria in un mondo straordinario per complessità e livello di rischio, quindi:

  • Entrata di capitali di rischio
  • Fusione con altre imprese
  • Sviluppo di accordi complessi di carattere industriale e/o commerciale
  • Collaborazione stretta con centri di ricerca pubblici e privati
  • Apertura al know-how manageriale di terzi
  • Coinvolgimento del personale interno e/o esterno di valore strategico nei risultati economico-finanziari dell’azienda
  • Riconoscimento e non sottovalutazione dei nuovi valori sociali emergenti (ad es.: ESG)

Il tutto passa attraverso INVESTIMENTI significativi, quanto meno di medio periodo, per il continuo e forte sviluppo del VALORE dell’Impresa (elemento indispensabile per l’aggregazione) riconoscibile nel suo BRAND e nel suo POSIZIONAMENTO di mercato.

E allora chiudiamo il cerchio tornando al concetto iniziale per il quale occorre conoscere il valore dell’impresa, e non solo dell’azienda, includendo quindi anche il posizionamento dell’azienda sul mercato di riferimento proiettato nel tempo.

 

Valutazione d’Azienda: come

A cura di Stefano Casoni

La problematica legata alla valutazione del valore dell’azienda risulta quanto di più complesso ed anche aleatorio ci possa essere.

Qualunque professionista, nel corso della sua vita professionale, si vede porre periodicamente dai propri clienti la “fatidica” domanda ed il grande problema professionale è che non esiste una risposta univoca.

In tema esistono molteplici ed autorevoli pubblicazioni sulle diverse tecniche di valutazione e sulla comparazione tra le stesse ma nessuna è prevalente o assoluta, consigliando sempre l’applicazione di una rispetto all’altra in base alle diverse tipologie d’impresa ed anche la comparazione delle stesse per raggiungere un valore più equo.

Inizialmente è importante avere chiaro il motivo per cui si vuole conoscere il valore dell’attività, al fine di stabilire i criteri del processo di analisi. La scelta tra i diversi metodi di valutazione di un’azienda varia in base all’obiettivo che si vuole perseguire:

  • cessione e/o acquisto d’azienda, oppure di un suo ramo;
  • emissione di obbligazioni e/o azioni;
  • necessità di finanziamenti tramite debito o capitale proprio, per sostenere l’espansione o affrontare problemi di flussi di cassa;
  • uscita o ingresso di un socio;
  • operazioni straordinarie come fusione, scissione, scorporo, trasformazione o cessione di quote;
  • conferimento in società;
  • vendita dell’attività per pensionamento, motivi coniugali, di salute o familiari;
  • calcolo del valore ai fini fiscali, ecc.

Il metodo impiegato per la valutazione aziendale deve essere supportato sempre da un processo razionale, logico e dimostrabile, dove i valori attribuiti alle variabili devono emergere da dati controllabili.

I principali metodi utilizzati nella valutazione di un’azienda sono:

  • Patrimoniale: è il più datato, ma è anche quello più oggettivo. Tiene conto sia dei beni materiali che immateriali e si basa su un processo di analisi orientato alla stima del valore corrente attribuibile all’acquisto di ogni singolo elemento che dà forma al capitale d’impresa. Il grosso limite di questo approccio analitico è quello di trascurare le leve essenziali del valore, come i flussi attesi in futuro e i potenziali rischi. Perciò, si perde il concetto di continuità di funzionamento dell’azienda, non permettendo di considerare adeguatamente l’impatto dell’avviamento d’impresa. Essendo basato su dati contabili, il metodo patrimoniale esprime valori plausibili, affidabili e dimostrabili. Dunque, viene utilizzato soprattutto quando l’azienda deve rilanciare il proprio modello di business, poiché necessita di valorizzare gli elementi attivi e rinegoziare quelli passivi. Tuttavia, per essere davvero efficace, anche agli occhi di un potenziale investitore, il metodo patrimoniale richiede sempre un’ulteriore verifica reddituale.
  • Reddituale: consente di stimare un valore basato, appunto, sui redditi che l’azienda produce e riuscirà a produrre in futuro. L’obiettivo è valutare il tutto come complesso unitario basato sulla relazione redditività/valore. Quindi, per procedere è indispensabile conoscere quale sia l’entità del reddito previsionale e quella del tasso al quale attualizzare i flussi di tale reddito. In questo modo, è possibile valutare l’azienda mediante l’attualizzazione dei risultati economici attesi in uno specifico orizzonte temporale. Il metodo reddituale è un approccio più soggettivo rispetto a quello patrimoniale, poiché la valutazione dipenderà dalle considerazioni dell’impatto sui flussi reddituali di alcuni elementi cruciali nel processo valutativo. Di solito, questo metodo trova applicazione in mercati molto dinamici, nelle aziende che hanno raggiunto un certo livello di stabilità e nelle PMI, perché tiene conto sia della dimensione patrimoniale che dei risultati attesi. È un processo impegnativo da applicare, ma è utile quando si vogliono costruire previsioni attendibili sui flussi futuri, in particolare in quelle aziende in cui gli elementi patrimoniali hanno scarsa rilevanza. Oppure, nel caso di conferimenti e cessioni di rami d’azienda, dove l’oggetto della transazione sono elementi immateriali, come conoscenze, forza lavoro, liste clienti, ecc.
  • Misto: è un approccio di valutazione delle aziende che considera congiuntamente sia la dimensione patrimoniale che quella reddituale prospettica. È un metodo che consente di esprimere il valore di un’azienda attraverso la sommatoria del patrimonio netto rettificato e dell’avviamento. Dove quest’ultimo è inteso come l’insieme dei redditi attualizzati, ovvero quelli che l’azienda potrebbe conseguire in futuro rispetto alla media espressa dalle aziende operanti nello stesso settore. Ancorché spesso utilizzato, tale metodo non rientra negli standard previsti a livello internazionale né tra i metodi proposti dall’Organismo Italiano di Valutazione.
  • Finanziario (Discounted Cash Flow Analysis): tra i metodi di valutazione di un’azienda, quello finanziario va a stimare il valore del capitale facendolo corrispondere alla somma dei flussi di cassa operativi attualizzati a un tasso idoneo. Ovvero, il valore del capitale economico viene fatto coincidere con il valore attuale netto (Net Present Value) dei flussi originati dalla gestione caratteristica dell’impresa. Questi ultimi vengono considerati al lordo degli oneri finanziari e delle risorse impiegate, capitale di rischio e di terzi. Il metodo finanziario risulta essere concettualmente il più razionale e corretto nella valutazione di un’azienda. Tuttavia, è anche molto soggettivo. Inoltre, la stima del cash flow disponibile è legata a ipotesi che perdono attendibilità oltre un certo periodo di anni. Tale limite risulta ancora più evidente quando l’azienda opera in mercati poco sviluppati o soggetti a instabilità.
  • Empirico: viene utilizzato per la stima di società non quotate in borsa e di medio-piccole dimensioni. Infatti, di solito, l’approccio empirico è più una procedura di verifica e controllo di quanto risultante dai metodi precedentemente elencati. Si basa su dati reali di società già valutate, dove siano presenti acquisizioni realmente avvenute. L’approccio può riguardare transazioni comparabili, prendendo come riferimento acquisizioni realmente avvenute che hanno per oggetto società simili, oppure società comparabili, che si distingue dal precedente per il fatto che assume come benchmark società quotate. Tale metodo, al di là della semplicità, presenta delle criticità non trascurabili quali: dubbia razionalità scientifica, difficoltà nel trovare società che siano omogenee rispetto alla società da valutare, difficoltà nell’interpretazione dei dati di mercato nonché possibili distorsioni delle quotazioni borsistiche correlate a fattori emozionali o fenomeni imprevedibili.

È quindi chiaro che non sarà la valutazione “tecnica” a definire il valore di mercato dell’azienda ma questo sarà uno degli elementi che formeranno la risposta finale o comunque il valore di partenza per un eventuale trattativa.

Prima però del valore dell’azienda, l’imprenditore dovrà necessariamente valutare e consolidare la struttura dell’impresa. In tal senso gli strumenti BDS messi a disposizione da AICIM risultano essere ottimi per evidenziare le carenze ed i punti di forza dell’impresa.

Un’azienda sana, organizzata, con un piano industriale valido, una situazione finanziaria sotto controllo, vedrà sempre aumentato il proprio valore a prescindere dal metodo di valutazione. Un’impresa con carenze strutturali gestionali, amministrative o finanziarie rischierà sempre di essere valutata con handicap sia dai tecnici di turno che dai possibili acquirenti.

 

 

La seconda parte dell’articolo nel prossimo mese, continuate a seguirci.