Premessa.

Il Dossier su Imprese ed Economìa presentato da un gruppo di Grandi personalità internazionali che va sotto il nome di G30 ha evidenziato un tema di fondamentale importanza parlando di recovery Fund.

I co-presidenti di questo G30 sono Mario Draghi, già presidente della BCE, formatosi anche al Mussachussetts Institute of Technology di Boston, e Presidente del Consiglio in Italia, e Raghuram Rajan, celebre economista indiano-americano, ex Governatore della Reserve Bank of India. Il rapporto è stato redatto con il contributo di Douglas Elliott di Oliver Wyman e Victoria Ivashina della Harvard Business School.

Riguardo alla tendenza di certi Stati come Italia, Spagna e molti altri Paesi a non emettere debito pubblico per finanziare vecchi progetti con il Recovery Fund o Next Generation EU, Draghi resta molto pragmatico:

Quel che bisogna valutare è se un progetto è utile o no. Se supera certi test che riguardano il suo tasso di rendimento sociale, come anche nell’istruzione o nel cambiamento climatico, oppure è semplicemente il frutto di una convenienza politica e di clientelismo”.

“Questa è un’opportunità unica di investire in molti progetti di valore elevato. Se sono vecchi o nuovi non è importante, ciò che conta è che il loro valore sociale sia dimostrabile”. “E’ in gioco il futuro dei Paesi in questione.”

“L’impatto (del Next Generation EU-ndr) sulla crescita e sulla sostenibilità del debito negli anni a venire sarà maggiore, quanto più grande è il debito iniziale. Per questo è così importante che i Paesi con un debito elevato facciano una valutazione molto attenta del tasso di rendimento dei progetti che finanzieranno”.

(Federico Fubini 15.12.2020,Corriere della Sera)

Il consiglio evidente è a puntare su tassi di rendimento degli investimenti elevati che consentano ritorni elevati sia per la crescita e lo sviluppo dell’economìa e delle PMI sia dei positivi impatti sull’occupazione fortemente provate dalla Pandemia Covid-19.

L’Associazione dei Mercati Finanziari Europei (Afme) e la società di consulenza Pwc valutano in circa 1.000 miliardi le perdite nella UE causate dal lockdown. La Commissione Europea stima la forchetta tra 700 e 1.200 miliardi. (Il Sole 24Ore, 20 gennaio 2021).

Le Imprese europee necessiteranno quindi di una cifra così alta per l’ammanco nei loro patrimoni causato dalla pandemìa.

I Governi coordinati dalla UE saranno in grado di arrivare a circa 700 miliardi di euro, ma la parte restante, circa 500 miliardi di euro, dovrà essere reperita sui mercati. Secondo lo studio le Imprese italiane avranno bisogno di circa 175 miliardi (non se la passano meglio quelle tedesche con 190 miliardi o quelle francesi con 220 miliardi).

Il reperimento di queste cifre in mercati come quello italiano è molto complesso, vista la propensione ad investimenti azionari in Europa: nel 2020 le Imprese Europee sono riuscite a raccogliere 77 miliardi sul mercato dei capitali privati.

Afme fa una proposta, quella di iniziare ad utilizzare strumenti di investimento “ibridi”: nuovi strumenti che diano capitale privilegiato senza diluire gli azionisti, in maniera tale da alleviare la leva delle Imprese. Per farlo la proposta sarebbe quella di creare un Fondo da parte della UE che agirebbe come “anchor investor” per aiutare i capitali privati ad essere raccolti e collettivizzati per raggiungere le Imprese.

Tale sforzo minimo da parte della UE sarebbe sufficiente a generare un volano per le economìe e permettere alle Imprese di riempire il buco causato dalla pandemìa.

Un rapporto EY pubblicato di recente prevede che una detrazione dai redditi delle persone fisiche  del 20% sui capitali investiti nel mercato AIM porterebbe ad una aumento di 12 miliardi nei prossimi 5 anni per PMI.

Nell’attesa che si trovino le soluzioni tecniche migliori per convogliare queste impressionanti quantità di denaro nelle PMI europee, le PMI italiane hanno l’assoluta necessità di farsi trovare pronte: di avere un’organizzazione e un management che siano credibili, di dotarsi dei moderni strumenti informatici di pianificazione e controllo, che sappiano sfruttare al meglio i capitali in entrata per pianificare investimenti che aumentino la propria redditività per attirare i capitali e garantire i rendimenti che essi legittimamente si aspettano.

Il Next Generation EU o Recovery Fund.

Per contribuire a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia di coronavirus, la Commissione europea, il Parlamento europeo e i leader dell’UE hanno concordato un piano di ripresa che aiuterà  gli Stati membri ad uscire dalla crisi e getterà le basi per un’Europa più moderna e sostenibile.

Il bilancio a lungo termine dell’UE, unito a NextGenerationEU, lo strumento temporaneo pensato per stimolare la ripresa, costituirà il più ingente pacchetto di misure di investimento mai finanziato dall’UE. Per ricostruire l’Europa dopo la pandemia di COVID-19 verrà stanziato un totale di 1 800 miliardi di euro. L’obiettivo è un’Europa più ecologica, digitale e resiliente.

Il 17 dicembre 2020 è stata raggiunta l’ultima tappa dell’adozione del prossimo bilancio a lungo termine dell’UE.

Il Parlamento Europeo ha approvato in data 9 febbraio 2021 il regolamento di governance del Recovery Fund, ovvero il Recovery e Resilience Facility (RRF) che definisce obiettivi, risorse e modalità di accesso e di utilizzo del fondo europeo (672,5 miliardi di euro) volto a supportare gli Stati Membri nei programmi di contrasto al Covid e di rilancio economico post pandemia.

E’ necessario che l’Italia presenti entro aprile 2021 il proprio Recovery Plan, o meglio il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Solo così potrà accedere alle risorse previste dal Recovery Fund.

Il 12 gennaio 2021 il Consiglio dei ministri italiano ha approvato la proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ora al vaglio della Commissione Bilancio, destinato poi alla discussione e approvazione in Parlamento.

Il Presidente Mario Draghi nel suo discorso di insediamento al Senato ha annunciato una revisione del Piano approvato dal precedente Governo, entro i suddetti termini, sotto la regia del MISE e dei Ministeri competenti.

Il Recovery Plan rappresenta un’occasione irripetibile per invertire la rotta verso un Paese moderno che sostiene i propri cittadini e le sue imprese.

L’Italia intende attuare con i 196 miliardi di euro finanziati dall’Unione Europea, di cui 69 di trasferimenti a fondo perduto e 127 di prestiti,  progetti esistenti ed innovativi secondo le indicazioni dell’Unione: almeno il 37% dovrà venire destinato a progetti “verdi”, mentre almeno il 20% dovrà andare alla transizione digitale.

Per ciascun Paese sono stati indicati una serie di “punti deboli” a cui porre rimedio, è stato fissato che entro il 2022 dovranno esser spese il 70% delle risorse ed i progetti dovranno essere completati entro il 2026.

PNRR: i progetti in cantiere.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano si articola in 6 punti, o meglio sei missioni, che rappresentano delle aree tematiche strutturali di intervento stabilite secondo i paletti e le raccomandazioni della Commissione UE:

M1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura

M2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica

M3 – Infrastrutture per una mobilità sostenibile

M4 – Istruzione e ricerca

M5 – Inclusione e coesione

M6 – Salute

L’obiettivo, come si legge nell’ultima versione del PNRR approvata dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021, è di affrontare le profonde trasformazioni imposte dalla duplice transizione, ecologica e digitale, una sfida che richiede una forte collaborazione fra pubblico e privato. Si punta inoltre al rafforzamento del ruolo della donna e al contrasto alle discriminazioni di genere, all’accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani, al riequilibrio territoriale e allo sviluppo del Mezzogiorno. Priorità che non sono affidate a singoli interventi circoscritti in specifiche componenti, ma perseguite con un approccio integrato e trasversale.

Il Piano si basa pertanto sui seguenti assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale.

Il Presidente del Consiglio Draghi ha accolto le sei missioni individuate dal Governo Conte, ma ha indicato, nel discorso di insediamento, fra i progetti di riforma da inserire nel PNRR:

  • Riforma della giustizia.
  • Riforma della PA.
  • Riforma fiscale.
  • Riforma della concorrenza.
  • Certezza delle norme e dei piani di investimento pubblico.

Draghi ha confermato la volontà di utilizzare l’intera quota di contributi a fondo perduto destinati all’Italia dall’Europa, pari a circa 69 Miliardi di euro. La quota di prestiti aggiuntivi verrà rimodulata in base agli obiettivi di finanza pubblica.

La grave emergenza economica che stiamo vivendo ormai da un anno impone al nostro Paese scelte forti e coraggiose, che incidano in maniera determinante sulla produttività e sulla crescita.

L’Italia è chiamata a costruire il  proprio futuro, muovendo le leve dell’innovazione, della ricerca, delle catene strategiche del valore, oltre a puntare su investimenti in infrastrutture materiali ed immateriali per incrementare la competitività.
In tale ottica il Recovery Plan può rappresentare una vera occasione di sviluppo e rilancio per l’Italia, a patto che i fondi messi a disposizione vengano finalizzati per intercettare nuovi sentieri di crescita, agganciare la ripresa e colmare i gravi ritardi in termini di innovazione, di infrastrutture e di capitale umano.

Ad oggi non è ancora definito come il Governo vorrà attuare dal punto di vista pratico  i processi e  le azioni  individuati dal Recovery Plan, ma certamente  giocheranno un ruolo centrale le piccole e medie imprese, di cui l’Italia è costituita per più del 92%: spetterà a loro,  in primis, dare attuazione   al processo di transizione verso un Paese più green, più digitale, più innovativo, più sostenibile ed inclusivo.

Appare altrettanto presumibile che i fondi saranno destinati a quelle realtà in grado di assicurare una gestione efficiente per struttura, capacità ed efficienza.

E’ richiesto un adattamento delle filiere produttive per adattarle ai cambiamenti imposti dalla globalizzazione e dalle nuove frontiere tecnologiche.

La vera scommessa sarà quella di avere PMI pronte a fare la loro parte nell’implementazione del Recovery Plan ed a cogliere una opportunità irripetibile, essendosi strutturate in termini di:

  • Struttura manageriale
  • Sistema delle deleghe
  • Controllo dei dati gestionali economici e finanziari
  • Pianificazione degli investimenti
  • Controllo degli stati di avanzamento nell’implementazione di piani di sviluppo.

La messa a terra di progetti strategici per cogliere le opportunità che il Recovery Plan offrirà richiede, fin da ora, l’assistenza di advisor specializzati in grado di aiutare gli imprenditori ad individuare le debolezze esistenti in modo da sopperirne per tempo oltre ad intercettare e realizzare i loro obiettivi mediante misure rapide ed efficienti.

Un messaggio sembra bello forte e chiaro: prepariamoci ad una grande ripresa, a intercettare le ingenti disponibilità finanziarie che verranno messe a disposizione, ma soprattutto facciamoci trovare pronti aprendoci a tutte le azioni necessarie per rilanciare il business delle nostre PMI.

Occorre preparare il futuro e governare le trasformazioni senza subirle, ma intercettando le opportunità.

Continuate  a seguirci.

A cura del Tavolo Finanza e Controllo
Coordinatore del Tavolo: Andrea Spensieri
Contributi tecnici: Patrizia Arioli, Stefano Casoni, Marco Curti, William Di Cicco, Gianfranco Guerini Rocco, , Alessandro Pistagnesi, Michele Vanzi