Premessa.

In epoca pandemica abbiamo assistito ad un vero e proprio sconvolgimento delle abitudini di consumo, delle modalità di produzione, degli stili di vita e delle modalità di lavoro.

Le aree marketing di tutte le aziende sono state impegnate a riformulare le strategie commerciali e di approccio al mercato sia nel canale B2B che nel canale B2C. Ogni genere di analisi dei consumi è stata studiata per finalizzare nuove strategie di sviluppo tese a conquistare nuove fette di mercato o addirittura mercati non esistenti prima della pandemìa.

Prima di ogni decisione strategica le aziende hanno dovuto focalizzare la loro attenzione sullo studio delle conseguenze e degli impatti che quelle decisioni avevano sui loro conti economici e sulle risorse finanziarie disponibili per gli investimenti necessarie e derivanti dalle decisioni stesse.

Definire a priori questi impatti nelle tre dimensioni: economica, finanziaria e patrimoniale è vitale quanto lo sono le strategie. La pianificazione strategica permette infatti non solo di svolgere analisi predittive che, se svolte con perizia, consentono di capire come impatterà la strategia in termini di risultati, ma anche di affinare le linee operative in corso d’opera quando all’action plan conseguono risultati non attesi.

Per tale motivo tutto il management deve essere coinvolto nella raccolta delle informazioni e nell’elaborazione del piano industriale che consente di simulare tutti gli scenari e chiarire quali sono gli obiettivi da raggiungere.

Nei casi aziendali che seguono analizzeremo la necessità di migliorare i margini partendo proprio dal posizionamento di mercato.

Investire sul posizionamento di mercato per accrescere il valore dell’Impresa

Prendiamo il caso di una PMI (circa 8 milioni di fatturato) che esporta per l’80% circa del suo fatturato, a cui chi scrive ha avuto modo di consigliare di “dare un’ occhiata” anche al mercato italiano.

Il mercato italiano di riferimento è un mercato B2B che vale più di un miliardo di euro. L’Azienda conta fondamentalmente sulle fiere per il contatto, mentre per la vendita conta sia su una piccola rete agenti sia su un’attività di direct-marketing d’ufficio.

Dato che, pur in presenza di una interessante percentuale di provvigione, gli agenti devono investire molto tempo per almeno tre anni per poter contare su un monte provvigionale d’interesse, si limitano a svolgere “poco più del compitino”. Su una regione, per ragioni storiche, l’azienda ha limitata copertura di mercato: la Lombardia.

Alla luce di quanto sopra è stato quindi consigliato di “verificare” la possibilità di assumere un venditore diretto per la Lombardia per i seguenti motivi:

  1. Dal punto di vista del bilancio aziendale:

– La Lombardia da sola vale almeno il 35% del mercato italiano, quindi potenziale aumento del fatturato;

– L’azienda opererebbe su un’area di mercato diretta e non mediata da agenti o distributori, quindi, ad esempio: budget più attendibili;

– Il margine lordo del prodotto è altamente positivo, quindi ritorno dell’investimento in pochi anni;

– E’ un mercato geograficamente e socialmente vicino, facilmente contattabile, relativamente meno costoso del mercato estero, e così via.

  1. Dal punto di vista del valore dell’impresa:

– Sarebbe una esperienza nuova per un’azienda in fase di sviluppo;

– Avrebbe informazioni di mercato dirette e non mediate;

– L’impatto sul brand sarebbe senza dubbio positivo;

– L’esperienza potrebbe essere replicata su altre regioni con un posizionamento di mercato molto più visibile.

Risposte, domande e pensieri conseguenti:

– Risposta della PMI: il venditore diretto è un costo fisso e certo a fronte di risultati (ricavi) variabili e incerti;

– Pensiero del consulente: … ma anche una macchina di produzione è un costo fisso, certo con risultato tendenzialmente certo (ad esempio nel nr di pezzi prodotti). Peccato che siano tutti costi! E cosa me ne faccio dei pezzi certamente prodotti se il venderli costituisce risultato variabile e incerto?

– Nessuna domanda della PMI del tipo: quanto costa il venditore diretto? Quanto possiamo vendere di più e in quanto tempo? Quale l’impatto sul mercato? Perché sostenere un costo fisso a fronte del costo variabile dell’agente?

– Pensiero del consulente: … perché in termini di investimento industriale l’imprenditore “fa e sa fare i conti” mentre “di conti” per investimenti commerciali neanche se ne parla?

– Possibile conclusione: l’investimento industriale è decisione propria e certa con risultato semi-certo propria dell’imprenditore mentre l’investimento commerciale si incontra con una “controparte” non propria: il mercato. Peccato che solo i ricavi coprano i costi!

Due considerazioni per sintetizzare questi pensieri semi-seri nel mondo delle PMI:

  1. Occorre aumentare il supporto quantitativo alle decisioni qualitative di marketing e vendita per determinare obiettivi e strategie credibili e perseguibili;
  2. Il controllo di obiettivi e strategie di marketing e vendita deve basarsi su KPI significativi, credibili, perseguibili e misurabili.

Quali le decisioni di marketing e vendita per le quali nelle PMI si fanno “pochi calcoli”:

– Passare da una rete di agenti a una rete di venditori diretti;

– Costituzione di una filiale all’estero;

– Piano di entrata in un mercato geografico complesso (ad es.: Cina, USA …);

– Piano di marketing digitale (web, social, newslettering e blogging);

– Piano di marketing e vendita di una nuova linea di prodotto/servizio;

– Piano di marketing e vendita relativo a un nuovo segmento di clientela;

– Piano di progetto di e-commerce;

– Espansione del mercato interno.

Possibili costi comunemente da prevedere:

– Personale;

– Attrezzature;

– Studi e ricerche;

– Consulenze;

– Viaggi e trasferte;

– Materiali fisici o virtuali di marketing e vendita;

– Impegno aggiuntivo di altre funzioni aziendali di staff;

– Impegno aggiuntivo della funzione di marketing e/o vendita;

– Impegno aggiuntivo della Direzione.

Il piano di sviluppo.

Se pensassimo che le decisioni di marketing – o più tecnicamente – le decisioni relative alle leve del marketing mix (prodotto, prezzo, distribuzione, comunicazione) scaturite da un’appropriata strategia di marketing (targeting e posizionamento) siano attività indipendenti tra loro o addirittura isolate a sé stesse, faremmo un grande errore d’interpretazione e di approccio soprattutto nei confronti della più ampia visione aziendale legata al piano di sviluppo strategico.

Prima che possa essere effettuata una pianificazione di marketing, ma anche una pianificazione della produzione o del personale, è opportuno che siano realizzati piani più ampi, schemi di riferimento per l’intera organizzazione/azienda. Senza tale pianificazione generale, infatti, le varie aree aziendali non saprebbero su cosa basare la loro pianificazione individuale.

In altre parole, per pianificare bisogna sempre cominciare da un contesto più generale per effettuare poi progressivamente uno zoom fino a giungere al particolare.

Purtroppo, molte decisioni critiche vengono prese senza l’ausilio di un’adeguata ricerca o pianificazione strategica: non si comprende che le strategie aziendali devono essere il riflesso di un ambiente in continua evoluzione e che, quindi, è necessario cogliere i segnali ambientali e a tradurre scelte volte al miglioramento/sviluppo continuo.

Innovazione e buon senso, da soli, non sono più sufficienti a decretare il successo di un’impresa. La vera missione di un’impresa è quella di creare valore nell’interesse di tre categorie basilari di soggetti: i clienti, i dipendenti, gli investitori. Senza tale prospettiva generale, nessuno, nemmeno gli azionisti, potrebbe nel lungo periodo godere di alcun vantaggio.

La pianificazione strategica comprende tutte quelle attività – dalla definizione della missione aziendale all’individuazione della strategia più appropriata – che permettono il conseguimento degli obiettivi dell’intera organizzazione. Un vero e proprio processo (come rappresentato nella figura sottostante) nel corso del quale l’organizzazione raccoglie le informazioni necessarie sugli elementi maggiormente soggetti al cambiamento, relativamente all’ambiente nel quale opera. Tutte le aree aziendali partecipano a questo processo d’informazioni che serviranno all’impresa nell’adattamento ai cambiamenti futuri attraverso la pianificazione strategica. Il piano strategico sarà periodicamente implementato; successivamente gli effetti di questo lavoro saranno esaminati e valutati, e saranno a loro volta utilizzati come informazioni in entrata che consentiranno l’adattamento e il miglioramento continuo della strategia aziendale.

Al top management sarà quindi demandata la responsabilità di fissare le strategie di sviluppo e dei macro-obiettivi per l’intera azienda, verificare il bilanciamento delle attività complessive in portafoglio (inteso come linee di prodotto e corrispondenti divisioni) e stabilire l’allocazione delle risorse sia umane sia economiche.

In questo quadro corporate sarà importante, anzi necessario, indirizzare gli investimenti anche nelle attività legate alle analisi delle strategie e alla pianificazione di marketing, poiché, sostanzialmente, quasi tutte le questioni di pianificazione strategica hanno implicazioni di marketing tanto che le due domande critiche di pianificazione strategica – Quali prodotti dovremmo fare? Quali mercati dovremmo servire? – sono chiaramente domande di marketing. A questo fine esperti/consulenti/manager di marketing sono coinvolti nel processo di pianificazione strategica e di sviluppo in almeno due modi importanti:

  1. influenzando il processo di pianificazione strategica con l’apporto d’informazioni, conoscenze, e suggerimenti relativi ai loro clienti, prodotti e aree di responsabilità;
  2. agendo nella consapevolezza di che cosa comporti il processo di pianificazione strategica così come quello di definizione dei suoi risultati, in quanto ogni loro attività – le strategie e gli obiettivi di marketing che elaborano – deve derivare dal piano strategico.

E i rapporti tra le funzioni di marketing nelle varie unità aziendali e il servizio preposto alla pianificazione strategica sono interconnessi in un circolo virtuoso come rappresentato nella seguente figura:

Pianificazione strategica marketing aziendale

Ciascuna funzione di marketing fornisce un “input” in termini di informazioni e proposte (fase 1) al servizio di pianificazione strategica, il quale procede ad effettuarne un’analisi e una valutazione (fase 2). Il servizio in questione stabilisce quindi le finalità generali da assegnare alle singole unità (fase 3). La funzione di marketing formula quindi i propri piani (fase 4), procedendo poi alla loro realizzazione (fase 5). I risultati sono valutati dal servizio di pianificazione strategica (fase 6) e il processo riprende il suo svolgimento secondo il medesimo ciclo.

Il ruolo delle altre funzioni aziendali – finanza, acquisti, produzione, personale e distribuzione – è quello di assicurare che i piani di marketing proposti ricevano il necessario sostegno in termini di risorse finanziarie, produttive e umane.

In conclusione, si può asserire che ogni unità aziendale si basa sul marketing come sistema fondamentale, in quanto rappresenta il primo passo della pianificazione di un’attività aziendale, dal momento che occorre identificare i traguardi di vendita e le risorse necessarie per il loro raggiungimento.

Nella seconda parte dell’articolo cercheremo di rispondere a queste domande spiegando con quali tecniche legate alla pianificazione strategica possiamo supportare le decisioni sulle strategie che la PMI vorrà di implementare.

Continuate a seguirci.

A cura del Team Finanza e Controllo.

Coordinatore del Team: Andrea Spensieri

Vice-Coordinatori: Alessandro Pistagnesi, Stefano Casoni

Contributi tecnici: Marco Curti, Federico Truscelli, Michele Vanzi, Andrea Spensieri, Alessandro Pistagnesi

Contributi di supporto: William Di Cicco, Lucia Romagnoli