Alcuni strumenti di supporto per il Finance: la finanza agevolata

A cura di Guido Alberto Micci

Ogni impresa, nello scegliere la composizione del portafoglio degli strumenti finanziari, deve tener conto delle valutazioni attinenti la propria struttura finanziaria ottimale.

Nella progettazione e scelta della struttura finanziaria ottimale l’impresa deve considerare i costi e i benefici delle varie forme di finanziamento, scegliendole in base alla struttura attuale e prospettica degli impieghi nel medio-lungo periodo.

Tra le varie fonti di finanziamento si inserisce la finanza agevolata.

Con il termine “finanza agevolata” si intendono le normative a livello locale, regionale, nazionale e comunitario che consentono alle imprese di recuperare quota parte delle spese correnti e/o degli investimenti già sostenuti o programmati per il breve-medio-lungo periodo, così come di usufruire di strumenti finanziari a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato.

Lo scopo è consentire e favorire lo sviluppo di nuovi progetti, la realizzazione di nuovi investimenti così come di supportare il fabbisogno circolante.

La finanza agevolata si compone di diversi strumenti come le agevolazioni fiscali, i contributi a fondo perduto, i finanziamenti agevolati, i contributi in c/interessi, le garanzie statali e fino anche gli strumenti di intervento nel capitale di rischio.

Tutte queste agevolazioni sono messe a disposizione delle imprese da parte di enti diversi, con tempistiche e modalità differenti.

Per poter accedere agli strumenti di finanza agevolata sono indispensabili pianificazione e programmazione, anche grazie al supporto di consulenti esterni specializzati, al fine di identificare e accedere ai fondi agevolativi più adatti alle esigenze di ogni singola impresa; il percorso è spesso lungo e tortuoso e non sono ammessi errori in nessuna fase, pena la possibilità di perdere le agevolazioni concesse.

In Italia, il sistema degli incentivi alle imprese è da tempo oggetto di critiche da parte di esperti e imprenditori, in quanto spesso si è rivelato complesso e inefficiente.

Nella corsa contro il tempo per assorbire le risorse che potrebbero rilanciare il Paese, non è infatti solo il PNRR ad essere al centro dell’attenzione. L’Italia arranca anche nella spesa dei fondi strutturali della politica di coesione UE: il nostro Paese, alla fine di dicembre 2022, ha speso solo il 62% della somma totale di tutte le risorse a disposizione e si ritrova in penultima posizione nella classifica europea; peggio di noi solo la Spagna, che si è fermata a quota 57%, contro una media europea del 76%. È quanto emerge dall’analisi dei dati pubblicati sul portale Cohesion Data della Commissione europea, che coprono l’andamento delle allocazioni della programmazione 2014-2020.

Un quadro non troppo lusinghiero – ma non insolito – per il Belpaese che comunque, anche in passato, è riuscito a limitare i danni grazie a un rush finale molto importante.

La sfida è quella di spendere e rendicontare tutte le risorse ancora disponibili – oltre un terzo del totale – entro la fine del 2023.

I ritardi non vengono nascosti dal Governo italiano che nella relazione sullo stato di attuazione allegata al Def ed elaborata dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, evidenzia che per evitare il disimpegno delle risorse dei fondi europei del periodo di programmazione 2014-20 “sarebbe necessario spendere, in meno di un anno, un volume di risorse quasi pari a quanto rendicontato complessivamente dal 2015 ad oggi”.

Nel frattempo, è stato avviato il ciclo di programmazione 2021-2027.

Si tratta, nel complesso, di circa 43,1 miliardi di risorse comunitarie assegnate all’Italia, di cui oltre 42,7 miliardi destinati specificamente a promuovere la politica di coesione economica, sociale e territoriale la gran parte dei quali destinata alle regioni meno sviluppate (oltre 30 miliardi). Ai contributi europei si aggiungono le risorse derivanti dal cofinanziamento nazionale, per un totale di risorse finanziarie programmate nell’Accordo di Partenariato per il periodo di programmazione 2021-2027 pari a oltre 75 miliardi di euro complessivi.

L’impostazione strategica dell’Accordo di partenariato è articolata su 5 Obiettivi strategici di policy (per un’Europa più intelligente; più verde; più connessa; più sociale e inclusiva; più vicina ai cittadini), attuati attraverso i Programmi Regionali promossi da tutte le Regioni e le Province Autonome (cui sono riservati circa 48,5 miliardi di euro) e 10 Programmi Nazionali (cui sono riservati 25,6 miliardi di euro), a titolarità della Amministrazioni centrali.

L’auspicio è che sia a livello nazionale che locale si prenda spunto dalle best practice che abbiamo in Europa ma fortunatamente anche in Italia.

Abituata a piazzarsi in cima alle classifiche dell’UE per capacità di spesa delle risorse comunitarie, anche questa volta l’Emilia-Romagna non si smentisce con oltre il 50% delle risorse comunitarie già impegnate per il periodo 2021-2027.

Più in dettaglio, sul Programma regionale del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) 2021-2027, la regione ha già impegnato il 54% delle risorse in meno di un anno con la realizzazione di 31 bandi, a cui si aggiungono due procedure per l’individuazione dei soggetti gestori di strumenti finanziari e 1.184 progetti già approvati. Mentre, per quanto riguarda il Fondo sociale europeo Plus (Fse+), il 43% delle risorse è già a bando o in approvazione: 45 gli avvisi pubblicati e 855 le operazioni approvate.

È chiaro come in questo quadro siano necessari un cambio di passo nella capacità di spesa per progetti utili e articolati così come una rivisitazione complessiva del sistema degli incentivi.

Servono regole e procedure chiare e soprattutto meritocratiche. Non sono più tollerabili gestioni scellerate di bandi come quelle viste spesso con meccanismi di click day dove, anziché premiare le buone idee e le imprese meritevoli in base a parametri oggettivi (fatturato, rating di legalità, storicità, ecc.), hanno ottenuto le agevolazioni magari imprese, anche grazie al supporto di consulenti, che avevano protocolli molto alti perché molto rapidi con la tastiera.

Il Consiglio dei ministri, nella seduta n. 22 del 23 febbraio 2023 ha approvato, con procedura d’urgenza, un disegno di legge di revisione del sistema degli incentivi alle imprese.

Il testo delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per la definizione di un quadro organico per l’attivazione del sostegno pubblico attraverso incentivi alle imprese, in modo da razionalizzarli e semplificarli riducendo i tempi e i costi delle relative richieste.

Le nuove norme introducono, tra l’altro, i seguenti principi guida degli interventi di incentivazione:

  • programmazione degli interventi da parte di ciascuna amministrazione e indicazione della loro estensione temporale, anche pluriennale, in modo da assicurare un sostegno tendenzialmente continuativo e adeguato alle finalità stabilite;
  • misurabilità dell’impatto nell’ambito economico oggetto degli incentivi, sulla base della valutazione in itinere ed ex post degli effetti ottenuti;
  • rafforzamento della coesione sociale, economica e territoriale per uno sviluppo economico armonico ed equilibrato della Nazione, con particolare riferimento alle politiche d’incentivazione della base produttiva del Mezzogiorno;
  • valorizzazione del contributo delle donne alla crescita economica e sociale della Nazione.

Gli interventi normativi si svilupperanno in una duplice direttrice, dovendo consentire:

  • la “razionalizzazione dell’offerta di incentivi”, attraverso l’individuazione di un insieme limitato e definito di modelli agevolativi;
  • la “codificazione” delle regole procedurali concernenti gli interventi di incentivazione alle imprese, che saranno armonizzate e coordinate in un “codice degli incentivi”.

Il testo promuove la digitalizzazione e la semplicità delle procedure d’incentivazione e un maggior coordinamento di strumenti già esistenti, come il Registro Nazionale degli Aiuti di Stato (RNA) e la piattaforma telematica “incentivi.gov.it”.

Una delle sfide che dovrà affrontare la riforma, anche per poter raggiungere gli obiettivi del PNRR, sarà il coordinamento con le amministrazioni locali, a partire dalle Regioni che sono le destinatarie principali di fondi e che, tramite le società finanziarie regionali, andranno a gestire e rendicontare gli incentivi locali rivestendo un ruolo di notevole importanza. Le finanziarie hanno strutture e competenze per dare un contributo importante; ed è fondamentale che si crei un raccordo con Unioncamere e il sistema delle Camere di Commercio per facilitare il lavoro degli enti che promuovono i bandi.

L’obiettivo è quindi quello di una profonda revisione delle procedure di gestione dei bandi per gli incentivi alle imprese, puntando in maniera incisiva sulla semplificazione e sulla riduzione dei tempi e dei costi in modo da avere un’azione quanto più efficace possibile e di essere di effettivo supporto alle imprese come richiesto anche dalle associazioni datoriali.

La ricognizione e la sistematizzazione delle misure di incentivazione esistenti avverrà in base a parametri quali il ciclo di vita delle imprese, la complessità e la dimensione dei progetti e gli obiettivi finali di carattere sociale piuttosto che lo sviluppo economico del territorio nazionale o del Mezzogiorno, la copertura di ambiti strategici tra cui imprese femminili, transizione ecologica, efficientamento energetico, made in Italy, ecc.

La concentrazione dell’offerta di incentivi sarà diretta ad evitare la sovrapposizione tra gli interventi e la frammentazione del sostegno pubblico attraverso una selezione delle misure più idonee a rappresentare uno standard tipologico tenuto conto anche delle presenti e future potenzialità oltre al riordino della disciplina legislativa.

Come anticipato, la creazione del “codice degli incentivi” sarà basata su due linee guida dirette alla semplificazione delle procedure della gestione, sia in fase di emissione dei bandi che di rendicontazione, al fine di una migliore gestione delle risorse. Da un lato si punterà alla ridefinizione dei principi comuni che regolano i procedimenti amministrativi degli incentivi alle imprese anche tenendo conto di quelli ricavabili dai modelli agevolativi derivanti dal percorso di razionalizzazione sopra detto; dall’altro si punterà alla standardizzazione della strumentazione tecnica funzionale.

Il codice degli incentivi dovrà definire quindi i contenuti minimi dei bandi, delle direttive e dei provvedimenti di incentivi alle imprese oltre ai motivi di esclusione, l’individuazione delle base giuridica di riferimento, le procedure di accesso e mantenimento delle agevolazioni, l’individuazione degli oneri a carico delle imprese beneficiarie e infine la disciplina di cumulo delle agevolazioni secondo la normativa europea.

Altri obiettivi prefissati dal codice saranno il rafforzamento dell’attività di valutazione ex ante ed ex post dell’efficacia degli incentivi, il rafforzamento di soluzioni tecnologiche dirette a facilitare la conoscenza degli strumenti agevolativi, la conformità della normativa nazionale con quella europea, la premialità per le imprese che assumono persone con disabilità e che valorizzino il lavoro femminile e la natalità ed, infine, assicurare natura privilegiata ai crediti derivanti dalla revoca dei finanziamenti alle imprese.

Conclusioni

Riprendendo quanto in introduzione, alla luce di quanto brillantemente esposto dai colleghi associati AICIM, la vera distinzione è tra debito “buono” e debito “cattivo”. Le risorse finanziarie investite in progetti a valore aggiunto, che siano pubbliche o private (ma anche quelle pubbliche derivano comunque dai privati), sono sempre misurabili così come sono misurabili le performance economico-finanziare di qualunque Impresa.

L’importanza di stabilire a priori se un progetto è redditizio in termini di valore prodotto e soprattutto il controllo dei risultati in corso d’opera e post-produzione sono centrali per l’identificazione dei KPI necessari a soddisfare questi requisiti ed evitare di creare le famose “cattedrali nel deserto”.

AICIM, attraverso i suoi esperti BDS AMBASSADOR, le Aziende e i Professionisti associati ed il supporto che tutti i giorni danno alle Imprese, è sempre disponibile a fornire consigli e verificare l’efficacia ed efficienza delle organizzazioni che sottendono all’impiego delle risorse investite.

A cura del Team Finanza e Controllo

Coordinatore del Team: Andrea Spensieri

Vice-Coordinatori: Stefano Casoni, Alessandro Pistagnesi, Domenico Tolomeo, Guido Alberto Micci,

Contributi tecnici: Stefano Casoni, Alessandro Pistagnesi, Guido Alberto Micci