La digitalizzazione come acceleratore dello sviluppo nella supply chain

Se consideriamo la supply chain come un’estensione dell’impresa, che allarga il sistema a ricomprendere tutta la catena del valore di un prodotto o servizio da mettere sul mercato, comprendiamo quanto il problema del flusso dei dati e della ottimizzazione dei processi sia di un ordine più elevato rispetto a quello della singola impresa con le sue funzioni aziendali. Ancor più se nella supply chain coesistono realtà governate da soggetti distinti ed indipendenti, mossi da obiettivi diversi, con diverse culture e diversi modi di concepire l’organizzazione. In pratica: quasi sempre.

Nel passato, in presenza di un mercato poco competitivo e con ampie marginalità, il rapporto tra i componenti delle supply chain non era strutturato e le relazioni erano basate semplicemente sul soddisfacimento delle esigenze contingenti che si presentavano di volta in volta. Non sussisteva una vera e propria organizzazione in grado di ridurre sprechi ed inefficienze, né di presentarsi al mercato come un sistema forte ed organizzato.

Con la globalizzazione e l’aumento della competitività, una spinta forte verso una razionalizzazione dei rapporti ed un coordinamento tra le imprese venne dalle aziende di grandi dimensioni, nei confronti dei subfornitori. A questi venne richiesto di sviluppare la propria organizzazione e di adottare strumenti standardizzati per la gestione delle forniture. Una digitalizzazione “forzata”, pertanto, come condizione per mantenere il proprio status di fornitore.

Il successo di molte aziende italiane di grandi dimensioni è dipeso da questa scelta, che ha permesso inoltre a molte PMI di evolvere il proprio assetto organizzativo e produrre maggiore ricchezza nel territorio che le ospita. Osserviamo che il modello di business creato appare molto più adeguato ad affrontare le sfide di un mercato volatile, incerto e complesso come quello di oggi (e di domani). Un mercato in cui la dimensione di una tipica PMI diventa un elemento di grave debolezza, dato che lo sviluppo economico dei prossimi decenni avrà luogo sempre più lontano dall’Europa.

Questo significa che, sotto la guida di una grande impresa o in altro modo, nessuna PMI può esimersi dal considerare qualche forma di aggregazione, se vuole avere ragionevoli prospettive sul medio termine. Dovrà pertanto attrezzarsi con strumenti digitali che ammettano la comunicazione e l’esecuzione automatica di procedure operative con soggetti terzi, appartenenti alla stessa catena del valore. Esattamente come viene richiesto all’interno dell’azienda, secondo il modello Industria 4.0, basato sul concetto di interconnessione.

Si noti, peraltro, che la Circolare MISE 4E del 30/03/2017, che stabilisce le caratteristiche che deve avere un bene possa beneficiare delle agevolazioni fiscali del Piano di Transizione, cita, pur in alternativa con altre voci, l’“integrazione automatizzata con la rete di fornitura;”.

Si noti inoltre che, in senso lato, nella supply chain rientrano tra i prodotti e servizi anche quelli finanziari. Nei capitoli precedenti sono state esaminate svariate forme di supply chain finance, che pare impensabile gestire senza adeguati strumenti digitali integrati.

Concretamente, una integrazione dei sistemi informativi tra business partner (clienti, fornitori, …) permette di scambiare informazioni in modo strutturato evitando operazioni ridondanti quali il reinserimento di dati ricevuti in formato di documento.

Occorre pertanto chiedersi se sia mai stata presa in considerazione l’integrazione del sistema informativo con quello dei business partner. Inoltre i dati e le informazioni che vengono scambiati automaticamente con i business partner devono comprendere anche elementi non strutturati quali documenti, disegni, specifiche tecniche, evitando così trasferimenti via e-mail che richiedano operazioni manuali quali l’invio e l’archiviazione degli allegati dopo la ricezione.

Non a caso lo strumento di diagnosi verticale ICT elaborato da AICIM induce una riflessione non trascura questi temi, onde migliorare la consapevolezza dello stato attuale dell’azienda ed illuminare sulle priorità di intervento.

Come l’implementazione in azienda del modello Industria 4.0 attraverso un processo di digitalizzazione integrata permette un salto netto di competitività, così un analogo processo a livello di supply chain permette di superare inefficienze e sprechi, aumentando strutturalmente la competitività a livello di macrosistema.

E’ utile che ogni azienda sia consapevole di quanto il proprio sistema sia predisposto/adattabile alla connessione con terzi. AICIM fornisce strumenti di indagine e di indirizzo utili per intraprendere un percorso in cui la digitalizzazione diventi un acceleratore decisivo dello sviluppo nella supply chain.

Conclusioni

Abbiamo dunque esaminato in questo articolo e nelle due parti precedenti come tutto ciò che si può definire “flusso operativo” nell’Impresa si traduce in “flusso di cassa” sulla base delle analisi di rischio poste in essere.

La flessibilità organizzativa e l’agilità dell’Azienda rendono questo passaggio più o meno gestibile e naturale in base al grado di adeguatezza organizzativa raggiunto.

Porre le basi per una buona dinamica di gestione delle operations e della supply chain significa dunque fluidificare la capacità di produzione e la generazione di liquidità.

Una diagnosi organizzativa generale insieme a quelle verticali (BDS ECOFIN, ITC, ADVANCE) ai vari livelli può essere un inizio per definire le criticità e pianificare un action plan utile a strutturare le soluzioni organizzative più adeguate per un’Azienda davvero “smart” e orientata alla generazione di cassa.

A cura del Tavolo Finanza e Controllo

Coordinatore del Tavolo: Andrea Spensieri
Contributi tecnici: Federico Truscelli, Alberto Mari, Alessandro Pistagnesi, Michele Vanzi.